Questo tempo particolare, che ci vuole preparare nella duplice attesa del Natale del Signore e del suo...
XXVI Domenica del Tempo ordinario: Una chiamata a conversione
Il desiderio di prevalere sugli altri, siano coloro che non appartengono al gruppo dei discepoli, siano i «piccoli», i fragili, sembra essere il tema implicito in questo brano, rispetto al quale Gesù reagisce in termini durissimi, chiamando in causa lo stesso giudizio ultimo sulla vita di ciascuno e della comunità.
Proprietari esclusivi del “nome” che libera?
Si inizia con la richiesta, mascherata da desiderio («volevamo», v. 38), fatta da Giovanni, uno dei due «figli del tuono» (Mc 3,17 - Mc 10,35-45): “Noi vogliamo impedire a chi non è dei nostri di usare il potere che tu ci hai dato, perché lo hai dato solo a noi” (da notare: dice «perché non ci segue», non «perché non segue te», v. 38). Questo è il sottinteso, e Gesù ne smentisce seccamente il presupposto: se qualcuno fa riferimento a me («nel mio nome», v. 39) per compiere un atto di liberazione dal male, non disprezzerà subito dopo me e il mio messaggio. E può esserci un’ironia implicita da parte dell’evangelista: i discepoli erano stati incapaci di liberare un ragazzo dal male che lo schiavizzava (Mc 9,18) anche se erano «di Cristo» (Mc 9,41), e rifiutano con paura il futuro di passione che Gesù prospetta per sé (Mc 9,32). Eppure pretenderebbero l’esclusiva del potere di «scacciare demòni nel tuo nome». Questo «nome» che Pietro ha riconosciuto come «Cristo», come colui che, nelle attese sue e degli altri, trionferà sull’oppressore e riporterà Israele agli splendori di un tempo. Ma forse dimenticando che il «nome» più originario è “Gesù – Dio-salva”. Un nome che esprime il desiderio di Dio di salvare tutti, e di farlo anche grazie a tanti che si ispireranno a Gesù per un’azione di bene e di liberazione dal male, pur senza far parte del gruppo dei discepoli.
“Scandalo” per i piccoli?
E questa non - appartenenza potrebbe pure dipendere dalla contro - testimonianza dei discepoli stessi nel modo in cui trattano i «piccoli» e tutti coloro che guardano alla comunità cristiana, alla comunità «di Cristo», per comprendere meglio «la via» sulla quale camminare. Certo è che le espressioni usate da Gesù circa lo «scandalizzare i piccoli» sono davvero dure: una pietra al collo, l’amputazione di mani e piedi, «gettar via l’occhio» (vv. 41-47)... perché il rischio è di perdere l’ingresso al Regno della Vita. La Geenna, valle che confina con Gerusalemme, luogo di antichi sacrifici umani (Ger 32,34-35) diventata un immondezzaio, è il simbolo forte di quel che può capitare a chi diventi ostacolo alla fede dei «piccoli» in quanto li disprezza e non riconosce loro il posto centrale che hanno nella relazione con Gesù e che dovrebbero avere nella comunità dei discepoli (Mc 9,36: «lo abbracciò... lo pose in mezzo a loro»). Diventare scandalo, ovvero sasso d’inciampo, che fa cadere, può escludere dal Regno di Dio, dalla vita di Pasqua.
Il rischio della contro - testimonianza e l’appello alla conversione
Viviamo in un tempo nel quale sono venuti alla luce gravissimi abusi di potere nella Chiesa: pensiamo alle denunce di atti di pedofilia o di manipolazione della volontà altrui da parte di preti e di vescovi, per cui il senso dello “scandalo dei piccoli” diventa immediato ai nostri occhi e al nostro cuore. Questi tipi di abuso certamente rientrano nelle situazioni contro cui Gesù si scaglia con sdegno. Ma attenzione a non ridurre l’avvertimento solo a tali forme: per gravi che siano, non sono le uniche occasioni di scandalo oggi. Quando, come preti e/o operatori pastorali o comunità ecclesiale nel suo insieme, diamo contro - testimonianza tacendo sulle ingiustizie commesse rispetto ai più deboli, o ne siamo talvolta direttamente complici, quando il denaro affidatoci lo usiamo solo per i nostri interessi, quando l’indifferenza ci chiude il cuore a chi patisce la violenza di un sistema che esclude chi non ce la fa, a chi è privato dei beni della terra perché non ha la forza di difendere il proprio diritto, quando non rispettiamo la dignità di chi non la pensa come noi, quando consideriamo inferiore chi ha meno potere, sia nella conoscenza, nel denaro, nel genere o nel prestigio. Altrettanti scandali che allontanano chi «nel nome di Gesù» potrebbe invece trovare senso e salvezza... Questo monito è per noi!
E’ pur vero, tuttavia, che non sempre e non tutti ci comportiamo così, ed è ancor più vero che Gesù non scaccia sdegnato i suoi discepoli, nonostante continuino a non voler capire la prospettiva sul volto di Dio che lui annuncia con la sua vita e il suo cammino. Insiste, piuttosto, ad ammonirli, a correggerne il pensiero e l’azione, sperando che possano un giorno attraversare anche loro l’abisso della croce insieme con lui, verso la fessura di Pasqua. E noi con loro, siamo ancora e sempre chiamati a fare spazio al suo Spirito, che oggi ancora ci chiama a lasciarci trasformare cuore e vita non in sassi d’inciampo che fanno cadere, ma in cuori di carne, capaci di gesti di misericordia e di amore, che aiutano a camminare, a diventare, noi e gli altri, autentici uomini e donne del Regno di Dio, già ora, già qui.