lunedì, 16 settembre 2024
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XXII Domenica del Tempo ordinario: Un amore che purifica il cuore e la vita

La dinamica “puro - impuro” non è superata, nemmeno ai nostri giorni

Dopo aver ascoltato dal Vangelo secondo Giovanni il “segno” del pane condiviso in modo sovrabbondante e il lungo dialogo in cui Gesù ne approfondisce il senso, torniamo al Vangelo secondo Marco, con un brano in cui Gesù si confronta con farisei e scribi su ciò che regola la dinamica tra puro e impuro, tra ciò che permette la relazione con Dio e ciò che la impedisce.

Puro e impuro

Nelle concezioni di quel tempo aveva molta importanza definire ciò che ammetteva o escludeva dal rapporto col Sacro anche perché, in una società fondata su una forte identità religiosa, questo influenzava pure la relazione sociale. La donna impura per le perdite di sangue (Mc 5,12) non poteva aver rapporti nemmeno con i propri familiari, i lebbrosi dovevano vivere ai margini dei villaggi (Mc 1,40), e così via. Anche norme igieniche venivano rafforzate da un giudizio di impurità. Nel brano dapprima ci si concentra sulla pratica di purificazione che è il lavaggio rituale. Gesù contesta ai suoi contestatori di aver elevato a “comandamento di Dio” indicazioni della “tradizione degli uomini”. L’autorità degli “antichi”, dei “padri”, per quanto importante, non va confusa con l’autorità della Torah, delle indicazioni date da Dio stesso. Un passaggio escluso dalla lettura di oggi è esempio di questo rischio: si poteva non osservare il comandamento che imponeva l’assistenza ai genitori se si dichiarava “offerta sacra a Dio” i beni necessari a tale impegno.

Che cosa “rende impuro” il cuore?

Ma a partire da quell’esempio Gesù propone una interpretazione rivoluzionaria della dinamica puro-impuro come era interpretata dai farisei. Il rapporto si inverte: invece che difendersi con pratiche rituali da ciò che può contaminare il proprio corpo con l’impurità e che sta “fuori dell’uomo”, sarà necessario fare attenzione “alle cose che escono dall’uomo”, perché sono queste ultime a diffondere impurità. In un altro passaggio escluso dalla lettura di oggi, alla domanda dei discepoli Gesù risponde in maniera diretta: “ciò che entra dal di fuori va a finire nel ventre e poi nella fogna, non nel cuore». Mentre ciò che “esce dal cuore degli uomini” può essere “proposito di male”, cioè modo di vivere che, questo sì, contrasta con la volontà di Dio. L’elenco proposto dal testo è solo esemplificativo, ma dà concretezza allo sfacelo che può causare “ciò che esce dal cuore” nelle relazioni con gli altri e quindi anche con Dio.

“Da lui usciva una forza che purificava tutti”

Quest’affermazione di Gesù non nasce da una visione solo negativa del “cuore”, dell’interiorità delle persone. Mette piuttosto in risalto una dinamica davvero “altra” rispetto alla concezione di quel tempo – e per certi aspetti anche del nostro. Gesù si è già presentato come uno che “diffonde salvezza”, che “purifica” il cuore e la vita di chi incontra. L’abbiamo visto con il lebbroso (Mc 1,40ss.), con la donna che perdeva sangue (5,25ss.), con la fanciulla appena morta (5,35ss.), con chi era invaso da demoni (1,23ss.; 5,1ss.). L’espressione del Vangelo secondo Luca è illuminante: “Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti” (Lc 6,19). C’è quindi un cambio di atteggiamento: non tanto di difesa da un mondo malvagio, quanto di “uscita” verso persone e situazioni che hanno bisogno di “purificazione”, intesa come reintegrazione di una vita davvero degna di essere vissuta. In tal senso c’è continuità ideale con quanto il dono del pane di vita proponeva (Gv 6,51): un nutrimento capace di “rivitalizzare la vita” in maniera decisamente nuova.

E’ il “Santo di Dio”, riconosciuto da Pietro in Gesù (Gv 6,69), a “farci santi”, cioè a rinnovare profondamente, progressivamente, continuamente il nostro cuore / la nostra vita attraverso quel dono di salvezza che è il suo Spirito, Santo e santificatore.

Chiesa in difesa o Chiesa in uscita?

La dinamica tra puro e impuro, infatti, non è da considerarsi “superata” neppure ai nostri giorni. Avvertire il mondo come minaccioso è un sentire frequente, e reagire difendendosi da quanto “viene da fuori” è una delle reazioni più comuni. Chiudersi nelle proprie cerchie di relazioni, di convinzioni, di stile di vita e giudicare aspramente, o perlomeno considerare con indifferenza ciò che “sta fuori” dalla comunità ecclesiale, dal gruppo familiare o amicale... sono atteggiamenti ben presenti anche nell’esperienza delle nostre comunità cristiane. Ciò che Gesù propone, invece, è l’atteggiamento opposto: aver ritrovato in sé, nel proprio cuore, nel cuore delle nostre relazioni comunitarie, tutta la vita che il suo Spirito sta facendo crescere, dovrebbe renderci capaci di diventare realmente “Chiesa in uscita” secondo il Concilio e secondo papa Francesco. Diventare sempre più Chiesa/comunità/persone capaci di esporsi nel mondo grande e vario offrendo quanto riceviamo di bene e di capacità di aver cura da parte del Signore morto e risorto per condividerlo con coloro che incontriamo, a partire da chi più ne ha bisogno. E’ la capacità “purificatrice” dell’amore di Dio a espandersi nel mondo grazie alla nostra piccola capacità di amare.

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