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Haiti sempre più nel caos, tra protesta e violenze. Vescovi: “Ne abbiamo abbastanza!”

09/02/2024

Un invito al primo ministro di Haiti, Ariel Henry e alle autorità a “prendere una saggia decisione per il bene della nazione”. Mentre il Paese, già sconvolto dalla violenza dei gruppi criminali e da una situazione economica e sociale insostenibile, è percorso da proteste popolari contro il governo, la Conferenza episcopale di Haiti prende posizione, in una nota diffusa l’8 febbraio, chiedendo, in pratica, al primo ministro di prendere atto della situazione e di farsi da parte. “In queste ore di paura e angoscia in cui viviamo, la Conferenza episcopale cattolica di Haiti si rivolge con fiducia e speranza al Dio della vita per implorare il suo benevolo aiuto per la nostra madre patria in pericolo”, inizia la nota, che prosegue con un appello accorato: “In nome di Dio, la Conferenza episcopale haitiana chiede alle autorità di porre immediatamente fine alle sofferenze del popolo, la cui volontà è stata espressa in tutto il Paese, in particolare il 7 febbraio. Negli ultimi tre anni sono stati versati abbastanza sangue e lacrime attraverso assassinii, rapimenti e stupri. Ne abbiamo abbastanza! Chiudete il rubinetto del sangue e smettetela di contare i morti!”.

Quindi, i vescovi, tutti firmatari del documento, si rivolgono direttamente al premier: “Assistendo alla miseria e alla sofferenza dei nostri concittadini nei dipartimenti del Paese, noi, vescovi della Ceh, lanciamo un vigoroso appello al primo ministro, Ariel Henry, affinché si renda conto della gravità della situazione attuale e prenda una saggia decisione per il bene dell’intera nazione, che è seriamente minacciata nelle sue stesse fondamenta”.

Nella nota si esprimono “vicinanza e le nostre sincere condoglianze alle famiglie delle vittime dei recenti eventi”, e si invitano “i nostri cari compatrioti a non cadere nella trappola della violenza e delle lotte fratricide che deridono la nostra dignità, sfigurano la nostra umanità e disonorano l’immagine del nostro Paese. Mobilitiamo tutte le nostre energie, uniamoci e impegniamoci insieme, con determinazione, senza violenza, sulla strada che ci porterà alla nuova Haiti che tutti desideriamo!”.

Sei morti negli scontri

Almeno sei persone sono state uccise e numerose sono state ferite, ad Haiti, durante le proteste antigovernative degli ultimi giorni, che si sono aggiunte a una già esplosiva situazione sociale e di ordine pubblico. I manifestanti chiedono le dimissioni del primo ministro Ariel Henry, il cui mandato sarebbe dovuto scadere mercoledì, secondo un accordo firmato nel dicembre 2022 con i rappresentanti dei partiti politici, delle organizzazioni della società civile e dei membri del settore privato sotto gli auspici della comunità internazionale.

Tra le persone decedute, spiccano cinque agenti della Brigata di sorveglianza delle zone protette (Bsap), uccisi in scontri con agenti della Polizia nazionale haitiana nella zona di Laboule, sulle colline sopra la capitale. Le Bsap, ufficialmente un corpo di guardiaparchi composto da ex militari (in pratica, una milizia paramilitare), si sono affermate tra i maggiori attori della protesta, al seguito dell’ex senatore e leader golpista Guy Philippe, tornato nel Paese, dopo aver scontato una condanna di nove anni per riciclaggio, negli Usa.Un’altra persona è stata, invece, uccisa a Ouanaminthe, nel nord-est del Paese, durante un attacco a una stazione di Polizia.

Nelle ultime settimane sono stati rinnovati gli appelli alle dimissioni di Henry da parte di settori e partiti dell’opposizione e si sono intensificate le proteste antigovernative, che sono diventate sempre più violente. A Les Cayes, Jérémie e in altre città della provincia, i violenti scontri tra la Polizia nazionale e i manifestanti hanno provocato numerosi feriti, alcuni dei quali colpiti da proiettili alla schiena, oltre a saccheggi di negozi e incendi di istituzioni pubbliche.

170 mila minori sfollati

“L’ondata di violenza armata ad Haiti ha scatenato una profonda crisi umanitaria, con il numero di bambini sfollati interni arrivato a 170.000. Questo dato allarmante rappresenta un aumento di due volte dallo scorso anno, e sottolinea il rapido deterioramento della situazione e il profondo impatto sui bambini e le famiglie più vulnerabili del Paese”. Le denuncia viene dall’Unicef.

A gennaio 2024, secondo gli ultimi dati, “314.000 persone sono state sradicate in tutto il paese, la maggior parte a Port-au-Prince e nel dipartimento di Artibonite, la metà si stima siano bambini. In meno di due settimane, circa 2.500 persone, la maggior parte delle quali donne e bambini, sono state sfollate in seguito a scontri nelle aree di Solino e Gabelliste, nella capitale di Haiti, Port-au-Prince. L’attuale situazione sta mettendo a dura prova le già limitate risorse delle comunità ospitanti e dei servizi sociali esistenti”, evidenzia l’Unicef.

“Ad Haiti, i bambini e le famiglie stanno affrontando ondate incessanti di violenza brutale, ogni giorno porta nuovi orrori: la perdita di persone care, case distrutte dal fuoco e un’onnipresente ombra di paura”, ha dichiarato Bruno Maes, rappresentante dell’Unicef ad Haiti che è stato presso 3 siti per sfollati nel centro di Port-au-Prince. “Privati di beni essenziali come cibo, assistenza medica e istruzione, sono impantanati in una crisi che toglie l’essenza stessa dell’infanzia. È una catastrofe umanitaria che si sta svolgendo sotto i nostri occhi”.

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