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Minori, informazione e web: a Treviso siglato il nuovo Patto

Due intense giornate di riflessione si sono tenute gli scorsi 12 e 13 novembre a palazzo dei Trecento, nel capoluogo della Marca, trentuno anni dopo la firma della Carta di Treviso. A organizzarle il Telefono Azzurro in collaborazione con il Comune. Presente anche la ministra Elena Bonetti

Due giorni di intensi confronti, il 12 e 13 gennaio, tra esperti e componenti della “mediasfera” “per stringere un’alleanza volta a rispondere ai nuovi interrogativi sul rapporto fra minori, informazione e web che negli ultimi anni, con l’avvenire delle piattaforme di condivisione sociale e streaming, ha subito una vera e propria rivoluzione”.

A Treviso, la città che ha dato il nome e dove si è firmata la Carta che ancora oggi dopo 31 anni e l’ultimo aggiornamento approvato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, è alla base della deontologia quando si parla di media e minori, Telefono Azzurro, con l’Amministrazione comunale ,ha voluto rilanciare con la stesura di un Patto che coinvolga tutti coloro che hanno interesse e volontà di tutelare i minori. A cominciare dal mondo della produzione e gestione dei contenuti, quindi le varie piattaforme Facebook, Instagram , Google, Tik Tok dove i giovani sono essi stessi creatori e divulgatori di contenuti. Con che conoscenze del mezzo che utilizzano, dei loro diritti ma anche delle possibili violazioni commesse solamente postando una immagine? Lo ha detto con chiarezza il dottor Carlo Nordio, giornalista e magistrato, quando ha affermato: “I minorenni non sanno cosa sia lecito o penalmente rilevabile. Se trasmettono foto di loro nudi all’amico/a sono passibili di accusa di produzione e detenzione di materiale pedopornografico. Chi lo fa girare, di diffusione di materiale pedopornografico”. E può sembrare una foto più o meno innocua, si spera quantomento nelle intenzioni.

Di quanto sia grave questo fenomeno, di chi queste foto le prende e le diffonde con le intenzioni invece più negative, ha parlato Matteo Flora, docente universitario, ma soprattutto, come ha tenuto a sottolineare lui, presidente di PermessoNegato, una non profit di promozione sociale che si occupa del supporto tecnologico e di aiuto legale alle vittime di pornografia non consensuale, di violenza online e attacchi di odio.

Concretamente si preoccupa della “identificazione, segnalazione e rimozione dei contenuti dalle principali piattaforme online”. E, nello stesso tempo, “forniamo supporto strategico ed educativo a coloro che promuovono politiche e leggi per proteggere gli obiettivi degli attacchi di Ncii, revenge porn (materiale divulgato con intento vendicativo, ndr) o altre forme di violenza e odio online”. I dati sono terribili. “Quest’anno abbiamo trattato solo noi 19 tentativi di suicidio” di persone finite inconsapevolemente nel vortice della diffusione di immagini o affermazioni che minano la reputazione e anche la considerazione di sé.

Piattaforme canaglia, le ha chiamate Matteo Flora, quelle che non rispondono alla richiesta di rimuovere il contenuto, “perché qualcuno non li ha presi sufficientemente a sberle” e “perché in questo momento non c’è abbastanza interesse per il contrasto al revenge porn rispetto, per esempio, alla violenza verbale dei gruppi no vax”.
Fortunatamente altre piattaforme rimuovono nel giro di massimo 24 ore. Ma quelle immagini hanno già fatto il giro del mondo. E tanto male.

Alcuni studenti della Consulta provinciale di Treviso, insieme a Francesco e Sergio Manfio, fondatori di Gruppo Alcuni, hanno riflettuto su questi temi e posto delle domande a produttori, programmatori, rappresentanti delle piattaforme social ed enti posti a tutela della sicurezza e della privacy.

Formazione è stato il leit motiv di tutti gli interventi: degli adulti, ma anche dei ragazzi che sono oggi coloro che creano e mettono in rete contenuti, foto e video.
Nella seconda giornata, sabato 13, è intervenuta in presenza anche la ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti: “Dobbiamo fare un passo in avanti, da come parliamo di bambini, a come parliamo ai bambini e con i bambini. Questo li pone protagonisti”. Il processo educativo deve coinvolgere, secondo la ministra Bonetti, tutti, dal mondo adulto che deve essere più credibile e competente, al mondo dell’informazione, alla scuola, alla famiglia, alle forze dell’ordine, “per accompagnare i più giovani a essere attori protagonisti nel costruire un’esperienza positiva anche nell’uso dei social”. Non vietateci il digitale, avevano chiesto i giovani il giorno prima, aiutateci a viverlo meglio.

“La trasparenza dei comportamenti e delle regole di riferimento, il costante dialogo tra soggetti istituzionali e privati, la disponibilità a rendere conto pubblicamente di scelte e comportamenti, sono elementi importanti e decisivi da parte di tutti i soggetti coinvolti, per dare forma a un ecosistema digitale vivibile per tutti - ha sottolineato il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi -. Soltanto così il risultato di milioni di interazioni che non sono controllabili nella loro totalità e i cui esiti non sono nemmeno teoricamente prevedibili, può essere ricondotto a responsabilità precise e definite, e diventa il frutto di comportamenti orientati al bene comune”.

“Insieme - ha aggiunto - tutti possono contribuire a un ambiente digitale che sia vissuto come una componente della vita reale e quotidiana, fondamentale ma non esclusiva, e soprattutto vissuta all’interno delle relazioni umane concrete e generative”. Perché, in fine dei conti, nessuno è un individuo isolato, siamo interdipendenti, siamo una comunità.

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