venerdì, 17 maggio 2024
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Famiglia, scuola, sport, la ricetta di Matteo Giomo per inserirsi al meglio nel mondo del lavoro

Il campione paralimpico racconta il suo percorso per una vita piena di soddisfazioni

A sette anni, mentre rifletteva con la mamma su quanto fosse difficile per lui scrivere la parola “sfortuna”, Matteo Giomo – 43enne di Biancade di Roncade, con sindrome di down – esclamò: “Mamma, è sufficiente che eliminiamo la “s”, così la sfortuna si trasformerà in fortuna”.

Quello spirito positivo, la sua capacità di trovare sempre il lato bello delle cose, lo ha accompagnato per tutta la vita. Anche quando è diventato un campione paralimpico, vincendo tre medaglie d’oro nello sci alpino e nel tennis tavolo.

Da vent’anni, Matteo lavora con un contratto a tempo indeterminato. Prima per una dozzina d’anni in una cereria, poi, quando questa cessò l’attività, in un supermercato a pochi chilometri da casa, per 24 ore a settimana. Lui è l’addetto a riempire gli scaffali. Ogni mattina, va e viene dal lavoro, prendendo l’autobus di linea che passa davanti a casa sua.

“Sicuramente per Matteo lo sport è stato un grandissimo strumento per accrescere l’autostima e la fiducia in se stesso – spiegano i genitori -. Noi lo abbiamo accompagnato e stimolato nel suo percorso di autonomia: a tre anni lo abbiamo inserito al nido, poi per la scuola d’infanzia abbiamo scelto quella di Treviso che in quel momento era la più preparata ad accogliere un bambino come lui; gli abbiamo fatto praticare molte discipline sportive; senza dubbio siamo stati fortunati con la scuola, dove abbiamo sempre incontrato docenti disponibili e preparati. A 15 anni, grazie allo sport, Matteo prendeva già l’areo da solo, per raggiungere Roma, dove si tenevano i ritiri della nazionale paralimpica”.

L’approccio con il lavoro, nel suo caso è stato quasi naturale: il papà gestiva un’azienda nel settore della falegnameria, fin da adolescente Matteo lo aiutava in estate. Insomma, la famiglia, la scuola, lo sport, l’aver viaggiato ovunque nel mondo con la nazionale italiana paralimpica, l’essere inserito a tutti gli effetti in società, frequentare assiduamente normodati, lo hanno aiutato nel suo inserimento lavorativo, nell’essere apprezzato e rispettato da colleghi e titolari. In tutto ciò, non va dimenticato il ruolo del Sil, servizio di inserimento lavorativo dell’Ulss 2 Marca Trevigiana e delle associazioni come Aipd, associazione italiana persone down della Marca trevigiana, nel cui direttivo anche la mamma di Matteo è impegnata.

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