venerdì, 17 maggio 2024
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La legittima difesa non è sempre legittima

Ha destato molto scalpore la recente condanna di un gioielliere a diciassette anni di reclusione per aver cagionato la morte di due rapinatori che, nell’aprile del 2021, avevano assaltato la sua gioielleria. Il caso di cronaca è noto perché il tutto è stato ripreso dalle telecamere: i rapinatori armati di coltello e pistola (successivamente risultata essere una pistola giocattolo) entravano nella gioielleria ed immobilizzavano la moglie e la figlia del gioielliere, il quale in quel momento si trovava nel retrobottega. Dopo essersi impossessati di alcuni preziosi, i malviventi fuggivano e venivano rincorsi per strada dal gioielliere, anch’egli armato di pistola (poi risultata detenuta illegalmente), il quale sparava ai tre malviventi colpendone a morte due, mentre il terzo, solo ferito, riusciva a fuggire. Il gioielliere veniva rinviato a giudizio con le accuse di duplice omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di armi e, all’esito del processo di primo grado, condannato a diciassette anni di reclusione, tre anni in più rispetto alla richiesta del Pubblico Ministero, pur con il riconoscimento delle attenuanti generiche e dell’attenuante specifica di aver agito in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, oltre al pagamento di un risarcimento complessivo alle famiglie delle vittime di 450 mila euro. Pur avendo ingenerato profondo sdegno nell’opinione pubblica e nell’ambiente politico, con commenti molto spesso sopra le righe, la sentenza di condanna è giuridicamente corretta perché in linea con il dettato normativo. L’art. 52 del Codice penale, che disciplina la legittima difesa quale circostanza che rende un fatto, di per sé criminoso, non punibile, individua una serie di fattori che devono essere presenti perché si possa sostenere di aver agito per legittima difesa: il pericolo deve essere attuale, ossia imminente e persistente (quando l’azione dell’aggressore è cessata, la reazione di chi si difende non è più lecita) e deve essere ingiusto, quindi lesivo in modo immotivato di un diritto altrui. La reazione deve essere legittima, ovvero inevitabile o necessaria, e deve essere proporzionata all’offesa tenendo in considerazione i beni giuridici contrapposti, i mezzi utilizzati, tempo e luogo dell’azione (non può esserci proporzionalità della reazione se ad uno schiaffo ricevuto si risponde con una coltellata). Nel corso degli ultimi anni il legislatore è intervenuto per riformare l’istituto della legittima difesa, nel 2006 introducendo la cosiddetta legittima difesa domiciliare stabilendo una presunzione di proporzionalità tra l’offesa e la difesa qualora la situazione di pericolo avvenga all’interno della privata dimora dell’aggredito, e nel 2019 stabilendo che la difesa è sempre legittima se viene esercitata per respingere un’intrusione attuata con violenza o minaccia di uso di armi. Sebbene le modifiche legislative mirassero a limitare il potere discrezionale del giudice, questo non può essere eliminato perché è sempre il giudice che deve accertare, nel caso reale, la sussistenza delle condizioni previste dal Codice. Nel caso del gioielliere, la reazione di quest’ultimo non è avvenuta all’interno della gioielleria, quindi nell’imminenza dell’aggressione dei malviventi quando la vita della moglie e della figlia erano innegabilmente in pericolo, bensì in un momento successivo quando gli assalitori erano già in fuga e venivano inseguiti per strada dall’aggredito. È evidente che la reazione del gioielliere non è stata né attuale (la sua vita e quella dei suoi cari non era più in pericolo) né proporzionale (il gioielliere ha sparato ai malviventi, uccidendone due, per recuperare la refurtiva non per salvare sé stesso), tant’è che la sua azione non è di legittima difesa bensì aggressiva e, quindi, illegittima.

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