Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Il diabete di tipo uno è in aumento tra i giovani dopo la pandemia
Domenica 19 novembre è stata celebrata sotto gli archi del palazzo dei Trecento la Giornata mondiale del diabete. Un’unità operativa dell’associazione Diabetici trevigiani, con l’attivissima presidente Daniella Pizzolato, e molti volontari e volontarie hanno offerto controlli gratis della glicemia. Un importante momento per rendere conto di questa malattia cronica molto antica, nota fin dagli Egizi, e che, nella provincia di Treviso, tocca il 2/3 % della popolazione, quasi 50 mila persone. Ne abbiamo voluto parlare con il primario di Diabetologia (Unità complessa di Malattie endocrine, del ricambio e della nutrizione) di Treviso, dottor Agostino Paccagnella.
Dottor Paccagnella, da quanto tempo è a servizio di una popolazione così vasta in provincia di Treviso?
Ho preso servizio qui a Treviso come diabetologo nel 2007, prima lavoravo come nutrizionista, ora però seguo la Diabetologia di Treviso, Conegliano e Asolo. Abbiamo 18 medici e una cinquantina di altri operatori e siamo supervisori della nutrizione ospedaliera. Un grosso lavoro, che esige rete.
Ci spieghi meglio.
Ho avuto la fortuna di lavorare con persone molto capaci, creare rapporti umani e riuscire a metterle in rete. Facendo soprattutto sì che tra operatori si diventasse amici, perché la mancanza di dialogo penalizza anche il lavoro e il confronto sugli aspetti clinici. Devo dire che anche la direzione ospedaliera mi ha aiutato molto. Treviso, ad esempio, mi ha permesso di realizzare l’Unità operativa complessa di Malattie endocrine, del ricambio e della nutrizione, e sono orgoglioso di questo lavoro in rete.
Quanti soggetti riesce a prendere in carico l’Unità operativa?
Ancora non abbiamo dati precisissimi, ma i diabetici sono tra il due e il tre per cento della popolazione della provincia di Treviso, noi calcoliamo che circa 50-60 mila abitanti abbiano un tipo di diabete più o meno conosciuto. Tutte queste persone hanno bisogno di aiuto e noi abbiamo molto lavorato con i medici di famiglia, potenziando la telemedicina. Abbiamo chiesto ai medici di famiglia di non inviarci il malato, ma di essere loro a parlare con noi. Noi vediamo un pezzettino di problema, il medico di famiglia ha una conoscenza più vasta dei problemi del paziente e a fine dicembre faremo un incontro con una sessantina di loro, dimostrando che con questo metodo si migliora la qualità del servizio erogato.
La cifra di popolazione è notevole, ma è in aumento? I più giovani?
Bisogna distinguere il diabete di tipo 2 a cui la popolazione anziana è più soggetta, in cui i dati sono stabili, e aumenta con l’aumento del numero di persone anziane, e il diabete di tipo 1. Qui vi è la sensazione di un aumento, soprattutto dopo la pandemia da Coronavirus, che ha abbassato le difese immunitarie anche tra i più giovani. Tuttavia, con la pediatria abbiamo creato un progetto di scambio continuo e abbiamo una relazione continua. I ragazzi sono seguiti dal nostro reparto, dall’adolescenza, e per tutta l’età adulta.
Dalla ricerca scientifica arrivano aiuti?
Negli ultimi dieci anni la ricerca ha portato alla scoperta di molecole incredibili nella fabbricazione di nuovi farmaci per diabete di tipo 1, che permettono di evitare l’insulinizzazione. Possiamo contare sull’intervento di nuove tecnologie, come i microinfusori di insulina; innovazioni a livello sperimentale con immunoterapie e studi genetici. Il futuro, tra una decina di anni, ci consegnerà cambiamenti notevoli.
Vivere bene con il diabete, si può?
Bisogna ricordarsi sempre che nelle malattie croniche quello che conta è la consapevolezza del malato, il malato non può pensare che il medico faccia per lui. I tre cardini sono: terapia farmacologica, che non deve essere mai sospesa; terapia dietetica e attività fisica che devono essere sempre praticati e legati assieme. Solo questa strada porta a evitare le complicazioni a cui il diabete, che è una malattia subdola, porta. Capisco a volte la stanchezza delle persone, ma non si deve mai mollare.
Se a questi 50 mila trevigiani dovesse dire una sola parola...
Stile di vita con i tre cardini citati sopra! Avere la consapevolezza che il controllo del sangue lo si deve eseguire ogni sei mesi e poi fidarsi del medico di famiglia. La collaborazione in rete con il medico di famiglia è indispensabile. Però devo aggiungere che negli ultimi anni la glicemia media in provincia di Treviso è assimilabile a quella nazionale e questo è un indicatore positivo. Insomma, via la brioche al mattino e i panettoni natalizi e molta consapevolezza.