martedì, 19 novembre 2024
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Viaggio nella storia e nel mito a Creta

Reportage dalla culla degli dei, dove nacque Giove. Chiude il mar Egeo ed è ponte tra Grecia e il resto del Mediterraneo. Qui la religione è stata collante sociale e la capitale parla veneziano come tutta l’isola

Creta, culla degli dei. Qui nacque Giove. Il padre, Cronos, vedeva in tutti i figli possibili concorrenti al potere e li mangiava. Sua madre Rea lo nascose sul monte Ida.

Una terra che mai si è appartenuta. Dopo lo splendore dell’età minoica, arrivarono Micenei, Greci, Bizantini, Veneziani, perfino Genovesi, Turchi. Fu a lungo romana. Quinto Cecilio Metello la conquistò, tra 69 e 67 a.C., per combatterne i pirati. Solo nel 1913 si unirà, col trattato di Londra, allo stato greco.

Una striscia montuosa che chiude il mare Egeo e, allo stesso tempo, è ponte tra Grecia e il resto del Mediterraneo.
Heraklion (o Candia, da una radice araba che vuol dire “fossato”). La capitale parla veneziano come tutta l’isola. Dall’insegna di una caffetteria (“Veneti Go on”) alle zone portuali con gli arsenali e le cisterne. Nel 1628 Francesco Morosini costruì una fontana da cui si irradiano le strade delle botteghe e dei ristorantini.
A pochi minuti, il palazzo di Cnosso, il sito archeologico più visitato dopo il Partenone. La rappresentazione della nascita e della crescita della civiltà minoica fiorita tra 2700 e 1450 a. C. Il palazzo dei re sorge vicino al mare, lo domina e lo sorveglia, emblema fisico del potere.
Già 5 mila anni fa si forgia il bronzo, si costruiscono strumenti in serie e a basso prezzo. Agricoltura e allevamento compiono progressi enormi. I Cretesi esportano, si arricchiscono. Una società basata sul denaro e molto violenta. La dolce terra senza mura è falsa rappresentazione. Creta si difende sul mare. Ha flotte possenti e guerrieri/marinai rotti a ogni ribalderia.
La religione è collante sociale. In una grotta del monte Iuchtas, dice il mito, è sepolto Zeus. Anche gli dei, come il giorno e la notte, nascono e muoiono. Esigono sacrifici.

Ad Anemòspilia (“grotta del vento”), un terremoto schiacciò i sacerdoti che stavano compiendo un sacrificio umano. Religione a sua volta violenta. Il mito racconta di tributi pagati in fanciulli da sacrificare.

Crocevia di civiltà e popoli

Con la ricchezza si specializzano i mestieri, si differenziano le classi sociali.

Si amministra, si costruiscono magazzini, si tengono archivi. E le scienze, la conoscenza vale oro. L’astronomia aiuta a gestire il succedersi delle stagioni. Attorno al 1450 arrivano i Micenei e tutto ha fine. Il mito lo adombra nell’ateniese Teseo che viola il labirinto e uccide il minotauro.

Già, il mito del labirinto. Forse è la stessa complessità dei palazzi (Cnosso con le vie processionarie, i cortili, i laboratori, si estende su 22 mila metri quadri) a suggerirne l’idea. Ma non è (solo) così.

L’ascia bipenne, la si vede ovunque. Nel museo di Heraklion ve ne sono di molto grandi. In anatolico il nome è “labris”, stesso etimo di labirinto. E il disegno della scure sarebbe un grafico su cui computare l’alternarsi di equinozi e solstizi. Il labirinto come osservatorio, dunque. E rotondo perché a essere prigioniero è il sole con la sua orbita circolare. Teseo uccide il minotauro: in realtà uccide il sole e una civiltà si spegne.

Il museo di Heraclion attesta i livelli di tecnologia raggiunti. Se ne fa emblema l’inimitabile gioiello delle api attorno al loro favo. O il sarcofago in pietra intonacata e affrescata proveniente da Haghia Triada.

Gortina è a sud, sul mare libico. Entra nella storia nell’VIII secolo a. C., quando Cnosso ha già visto tramontare la sua epoca d’oro. Arrivano i Dorici dal Peloponneso e, nel II secolo, i Romani. La nuova capitale. Gli scavi hanno portato alla luce le fondazioni dell’acropoli. Il visitatore è accolto dall’odeon, un piccolo teatro. Vi si tenevano spettacoli per un pubblico di élite. I blocchi di pietra delle fondazioni recano incise le leggendarie leggi di Gortina sul diritto familiare. Risalgono al 480 a.C. Una finestra sui rapporti sociali del tempo. Con informazioni sul ruolo della donna il cui prestigio era alto. Si racconta che qui, ogni nove anni, Minosse consultasse suo padre Zeus su come modificare le leggi dell’isola. La vicina Festo sorge su una collina, visione unica. Il palazzo presenta una più tarda costruzione (8 mila metri quadri ) che trasforma e integra quella antica. Ecco la sala del trono, la sala per il culto della Grande Dea Madre, il megaron (cioè grande stanza) del re e quello della regina.

Accanto, i magazzini, ancora con gli antichi strumenti. Un catino in pietra con scolatoio per pestare le olive e forse pigiare il vino. Le pietre recano incisioni probabilmente per indicare che quel magazzino ospitava derrate dirette a... o provenienti da... Il piazzale occidentale è attraversato da una via processionale che conduce a una sorta di tribunetta da cui assistere a spettacoli o riti.

A est, nella parte più antica del complesso di Festo, è stato trovato il misterioso disco in argilla tra i reperti notevoli del museo di Heraclion. Non ha rivelato mai l’enigma dei suoi 241 segni e qualcuno parla di falso.

Nella vicina Malia (sull’Egeo) la piana, dominata dalla tamerice, si protende verso il mare. Regina delle acque e dei commerci, ospita il terzo palazzo (e il più piccolo) dell’isola. Sul cortile incombe la loggia da cui il re amministrava giustizia.

Il villaggio vicino fa camminare nel tempo. La casa del vasaio e i laboratori dei fonditori di metalli. Il fabbricante di sigilli ha disseminato l’ambiente di lavoro delle prove di lavorazione. Lì si costruiva l’identità di artigiani e commercianti. Società colta e raffinata che amava le cose belle.

Un balzo nel tempo, monastero di Arkadi, a est, tra le forre del monte Ida. L’8 novembre 1866 Mustafà Pascià si presenta con 15 mila uomini e 30 cannoni sotto le mura del monastero. Vi si sono rifugiate 964 persone male armate. Lo stendardo dei difensori reca dipinta la trasfigurazione di Cristo.

L’igumeno (abate) Gavriil Marinakis incita a resistere. Le cannonate turche si accaniscono sulla porta occidentale. Si combatte fino a notte. Mustafà fa arrivare dalla vicina Rethymno un più potente cannone. All’alba la porta cede ed è strage. Le donne e i bambini si raccolgono nella polveriera. Un difensore, Kostis Giambudakis, spara sulle polveri e l’esplosione uccide gli assediati. Si salva solo Eleni Loukaki-Sfakianaki, una bimba di 4 anni. Morirà nel 1948. “L’eroico monastero muore come un vulcano”, scrive Victor Hugo.

Il monastero fu fondato nel XIII secolo dal monaco Arkadios, su un altopiano a 500 metri di altezza. Una cappella e qualche cella. La chiesa è dominata dalle icone argentee dei patroni Costantino ed Elena, contornate dagli ex voto. Grande centro culturale con una biblioteca ricca, purtroppo bruciata nel 1866.

Il piccolo, ma ricchissimo, museo conserva icone, codici (il monastero fu laboratorio di copiatura), paramenti e arredi sacri.
(viaggio promosso dalla Fondazione Feder Piazza)

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