Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Meolo: la Madonna ritrovata
L’opera può essere inserita, dal punto di vista artistico nel gotico internazionale sviluppatosi tra il 1350 e il 1450 nell’Europa centrale. Sarà esposta in chiesa in attesa della sua definitiva collocazione.
La sera del 14 settembre la sala parrocchiale di Meolo era gremita di persone che volevano ascoltare e conoscere la storia della “Madonna ritrovata”. L’incontro organizzato dalla parrocchia, dal comune e dal Centro di documentazione Pavanello, aveva lo scopo di presentare all’intera comunità la statua raffigurante la Madonna con il Bambino rinvenuta da una famiglia di Meolo, i Colletto nei primi anni del ‘900. Nel suo intervento un rappresentante della famiglia Colletto, Roberto, ricorda la storia del ritrovamento che, avvenne nel 1906 durante una aratura, nella mezzadria di Meolo in via Diaz: “l’improvviso bloccarsi dei buoi ha obbligato il mio bisnonno a scavare per sbloccare l’aratro che si era incagliato, scoprendo così che non era un sasso a bloccare l’aratro ma la statua della Madonna”.
Questa fu collocata in un capitello, costruito ai margini della vicina strada per Losson. Nel 1914 il capitello fu luogo di un evento straordinario, riguardante un bambino di 5 anni, componente della famiglia Colletto. Nei primi anni ’50, il capitello fu demolito nel corso di lavori di allargamento della strada. La Madonna fu allora portata nella camera di Maria Rombolotto, moglie di Vincenzo Colletto, dove rimase per molti anni. Nel 1984 fu inaugurato un nuovo piccolo capitello, nel giardino di una delle nuove abitazioni dei Colletto, che nel frattempo avevano lasciato la mezzadria. Venduta la casa, l’edicola fu abbattuta, da allora la statua è conservata dal nipote di Maria e Vincenzo. La statua, in pietra d’Istria, è alta circa 1,65 metri e porta tracce di colore e di antiche dorature. La datazione dell’opera è intorno agli anni 20 del ’400.
Durante la serata grazie all’intervento di don Paolo Barbisan, direttore dell’Ufficio Arte sacra e beni culturali della diocesi, è stato possibile far luce su quale fosse l’ambito storico e artistico dal quale proviene la statua, delineando, senza poter scoprirne il nome, il profilo di chi potesse averla scolpita. L’opera può essere inserita, dal punto di vista artistico nel gotico internazionale sviluppatosi tra il 1350 e il 1450 nell’Europa centrale, ed è probabile che questa corrente artistica sia stata portata in Italia da un pittore miniatore Michelino de’ Molinari da Besozzo durante i suoi soggiorni veneziani tra il 1410 e il 1415, spiega don Paolo. La Madonna infatti particolarmente raffinata, sinuosa, elegante dai lineamenti nobili ricorda l’ambiente delle signorie.
Don Paolo sottolinea alcuni attributi simbolici presenti nell’opera carichi di significati teologici: la corona che porta la Vergine indica essere Madre di Cristo; lo sguardo dolente con le palpebre abbassate parla di una velata tristezza e prefigura la morte del figlio. Il bambino è in piedi, nudo, appoggiato sulle mani di Maria e indica la madre. La nudità rappresenta l’umanità di Cristo e il fatto che il bambino indichi la madre ricorda Maria ai piedi della croce. Il Bambino nelle mani stringe un cardellino, carduelis in latino, e richiama il cardo che è spinoso e ricorda le spine della corona. Infine la collana portata da Gesù, solitamente rappresentata di corallo: materiale che allontanava il male. La scultura infine viene sicuramente da una chiesa: infatti la parte posteriore non è rifinita, quindi probabilmente era sopra un altare. L’opera è comunque integra in tutte le sue parti, ben conservata e sarà esposta per alcuni giorni nella chiesa parrocchiale, nell’attesa che, come ha dichiarato il parroco don Roberto Mistrorigo, trovi la sua giusta collocazione all’interno della chiesa.