Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Educazione alla pace da ripensare
Un anno fa, nel novembre 2023, i Paesi che aderiscono all’Unesco (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza, la cultura) hanno adottato la nuova Raccomandazione sull’educazione alla pace e ai diritti umani, alla comprensione internazionale, alla cooperazione, alle libertà fondamentali, alla cittadinanza globale e allo sviluppo sostenibile.Si tratta di un documento di orientamento non vincolante, frutto del lavoro di anni, che si concentra su come l’insegnamento e l’apprendimento dovrebbero evolversi negli anni 21° secolo per realizzare una pace duratura, riaffermare i diritti umani e promuovere lo sviluppo sostenibile di fronte alle minacce e alle sfide contemporanee.
Riconosce che l’istruzione in tutte le sue forme e dimensioni, dentro e fuori la scuola, modella il modo in cui vediamo il mondo e trattiamo gli altri, e può e deve essere un percorso per costruire una pace duratura. La raccomandazione collega logicamente diverse aree tematiche e questioni, dalle tecnologie digitali ai cambiamenti climatici, dalle questioni di genere alle libertà fondamentali.
Per comprendere l’evoluzione della nuova Raccomandazione e le sue implicazioni nel nostro sistema scolastico abbiamo intervistato Patrizio Bianchi, professore universitario titolare della cattedra Unesco “Educazione, crescita, uguaglianza” dell’Università di Ferrara, già ministro dell’Istruzione e dell’Università (Governo Draghi), portavoce della rete delle cattedre Unesco italiane (Recui) e negoziatore all’Unesco del testo della Raccomandazione.
La Raccomandazione sull’educazione alla pace del 1974 compie 50 anni. Come ha contribuito a promuovere una pedagogia della pace?
Le Raccomandazioni sull’educazione alla pace dell’Unesco sono state in questi 50 anni un punto di riferimento per quanti lavoravano, spesso in silenzio, per la pace. La pace è il risultato di una difficile costruzione in cui diritti umani, libertà, responsabilità sono componenti essenziali. Formare le persone alla pace, significa costruire una cultura di pace che permetta di mantenere sempre aperto il dialogo anche nei momenti più difficili. Questo vuol dire una pedagogia della pace, costruire tutti gli strumenti formativi ed educativi per mantenere aperto il dialogo fra persone aventi diverse storie, diverse visioni, diversi obiettivi, ma uniti nell’operare per la pace.
Molti mutamenti sono sopraggiunti negli ultimi 50 anni e negli ultimi decenni il numero dei conflitti armati si è attestato sopra i 100. L’Unesco, un anno fa, ha messo mano alla sua Raccomandazione del 1974 per aggiornarla. Quali sono le principali novità?
La riscrittura delle Raccomandazioni all’educazione alla pace del 2023 ha posto al suo centro il ruolo dell’educazione come politica fondamentale per la pace e lo sviluppo sostenibile, unendo i due termini che diventano necessari l’uno all’altro. Non vi è la possibilità di costruire una pace duratura, senza una sostenibilità di lungo periodo dello sviluppo, che garantisca la sostenibilità ambientale, ma anche sociale e umana.
La Raccomandazione propone nuove prospettive su una pluralità di temi, tra cui il concetto di pace e di nonviolenza. Potrebbe illustrarli brevemente?
La pace è una costruzione complessa, che deve essere non solo raggiunta, ma mantenuta nel tempo, proprio esplorando fino in fondo il termine “pace”. La pace non può più essere intesa come “non-guerra”, oppure come “pace gestita dalle armi”. Diviene necessario formare le persone alla pace, come necessità di risolvere, insieme, i problemi emergenti in pace, non con la violenza, sia fra Paesi, ma anche fra le persone, e qui si torna al concetto fondamentale espresso dalle Raccomandazioni, concernenti la comprensione reciproca e il rispetto dell’altro come fondamenti di una costruzione della pace, ma anche dello sviluppo.
Vista l’importanza, non le sembra stridere che il Ministero dell’Istruzione non abbia emesso alcuna circolare divulgativa tra il personale docente?
Il Ministero avrà ritenuto di disporre di altri strumenti per divulgare questi contenuti...
Quale uso dovrebbe fare la scuola della nuova Raccomandazione sull’educazione alla pace?
Le scuole debbono far proprio questa Raccomandazione e, nella loro autonomia, sentirsi interpreti principali di questo grande movimento promosso da Unesco per la pace. Le Raccomandazioni 2023 contengono moltissimi temi che le scuole possono sviluppare, e così facendo costruire la cultura della pace, come strumento fondante di un nuovo sviluppo umanamente sostenibile.
E la politica?
Credo abbia molto da riflettere su questi temi. Le drammatiche vicende belliche che si allargano sempre più, in un contesto ambientale che sta degenerando rapidamente, richiamano ognuno alle proprie responsabilità, di cui poi rispondere ai cittadini.
In una dinamica democratica e partecipativa, come e dove essa dovrebbe riguardare anche la società civile?
Certamente, la cultura di pace è cultura di democrazia, ma anche la nostra democrazia ha più bisogno di partecipazione attiva da parte dei cittadini. Partire da queste Raccomandazioni Unesco, può essere un modo per permettere ai cittadini di ritrovare luoghi di incontro, dialogo e partecipazione, oggi largamente dispersi, ma sempre più necessari proprio per difendere la nostra democrazia e la nostra Costituzione, che, si ricordi, è nata dalla lotta contro ogni dittatura e contro la guerra.
Infine, come si stanno muovendo le Cattedre Unesco in Italia per promuovere la cultura della pace?
Le cattedre Unesco sono i portatori di questa cultura di pace e in Italia ci siamo uniti in una rete proprio per aumentare la nostra capacità di far sentire la nostra voce a questa società civile, che deve essere protagonista di una nuova stagione, che deve avere, per me, al suo centro l’articolo 2 della nostra Costituzione: la Repubblica tutela i diritti inviolabili dell’uomo, ma richiede il dovere inderogabile della solidarietà. Ripartiamo dalla nostra Costituzione per costruire pace, libertà e democrazia.