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Libro: il desiderio che serve la vita

Lo psicanalista Massimo Recalcati ritrova le radici bibliche della psicoanalisi
04/10/2024

Aveva già destato interesse con “La legge della Parola” (Einaudi, 2022), un testo, tanto sorprendente, quanto “rivoluzionario”, nel quale Massimo Recalcati individuava, andando oltre tanto a Freud, il padre della psicoanalisi, quanto a Jacques Lacan, il più noto psicanalista e psichiatra francese del XX secolo, le radici più profonde della psicanalisi nell’inaspettata continuità che offre la religione, tra “logos” (parola) biblico e psicanalisi.

Che invece, per Freud, sono semplici, illusorie rappresentazioni individuabili nei desideri più antichi dell’uomo, nel bisogno di protezione contro i pericoli della vita, nella necessità di vedere realizzata la giustizia in questo mondo ingiusto, negando quindi - fedele a Nietzsche - l’esistenza di un mondo “dietro il mondo”.

Non così per Recalcati, convinto che la Torah - la prima parte della Bibbia ebraica, scritta su ispirazione divina da Mosè - custodisca “legge della parola”, quella del popolo ebraico e che, invece, Gesù nei Vangeli, suggelli nella “Legge del desiderio” (Einaudi, 2024). Che, a differenza della prima, non sottomette la vita alla legge, non incute il timore della punizione, e nemmeno si risolve, quasi fosse un canone giuridico, nella prescrizione, ignorando ogni precetto moralistico ed esigendo lo zelo scrupoloso del rispetto formale.

Massimo Recalcati, psicoanalista tra i più noti in Italia, dirige l’Irpa (Istituto di ricerca di psicoanalisi applicata) e nel 2003 ha fondato Jonas Onlus (Centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi). Insegna all’Università di Verona e allo Iulm di Milano. Dirige, con Maurizio Balsamo, la rivista Frontiere della psicoanalisi

La “legge del desiderio”, di cui si nutre tutta la predicazione di Gesù, mira, invece, all’essenziale, dimostrando per Recalcati, quanto il cristianesimo possa incrociare il cuore stesso della psicanalisi: quello di consegnare l’uomo al compito di essere fedele alla “legge del suo desiderio”, ai suoi talenti, alla sua vocazione.

Essa, fondata sulla grazia sostenuta da Gesù, reinterpreta la legge mosaica in una chiave nuova, ponendola al servizio della vita e non della morte, senza reprimere il desiderio, ma anzi sostenendolo, liberandolo dalla paura della punizione e dal peso del formalismo. Con la “legge del desiderio”, Gesù porta a proprio compimento la precedente legge mosaica - “Non sono venuto ad abolire la legge, ma a portarla a compimento” (Mat. 13,17) - ed è ancora con essa che si rapporta alla vita, senza scadere nel vuoto, freddo moralismo o peggio nel nichilismo, perché, di fatto essa è un vero inno alla vita.

Perciò, se nel “Qoelet”, il desiderio umano viene descritto come cosa vana sotto il sole - Vanitas vanitatum et omnia vanitas - e «la vita si risolve tra il nulla che precede la nostra venuta e il nulla che accompagna la sua inesorabile fine», con Gesù diventa piuttosto “forza affermativa” che rende viva la vita, sino a costituirne il suo fondamento simbolico.

E’ una “scoperta” rivoluzionaria e meravigliosa. E’ l’eredità fondamentale assunta dalla psicoanalisi: la legge non è nemica del desiderio, ma il fondamento più radicale.

Nemmeno io ti condanno

Quel «Non abbiate paura!», che per Recalcati, è il monito che Gesù indirizza agli uomini, e non solto per sottrarre la vita a un'interpretazione soltanto moralistica e sanzionatoria della legge, ma per affermare l'esistenza di un'altra legge, che li autorizza a coltivare il proprio desiderio, la propria vocazione, i propri talenti , sinonimo di vita di libertà, di capacità di autodeterminarsi. E lo stesso vale per quel «Va’ e non peccare più, nessuno ti ha condannato. Nemmeno io ti condanno», rivolto a Maddalena.

Sono espressioni dettate dall’affetto e non semplici formule di circostanza, che stanno nel cuore prima che sulla bocca di Gesù; parole che sanno di “coraggio”, di “forza”, che, non prevedono alcuna condanna, ma che sono anzi le prime lettere per scrivere un alfabeto nuovo, quello del perdono e dell’amore.

Lungo le fitte 492 pagine di “La legge del desiderio” si può comprendere che la lettura che Recalcati fa della Bibbia, è l’indagine dello studioso scrupoloso, orientato ad allargare l’orizzonte della sua ricerca, scandagliando anche la lettura biblica per una maggiore comprensione della complessità della struttura profonda della personalità e comprendere di individuare, più di quanto non sia stato fatto precedentemente, i bisogni autentici e i desideri più profondi dell’uomo.

E non è come si potrebbe pensare - e come Recalcati stesso confessa - una lettura religiosa - “non ho le competenze linguistiche, non conosco l’ebraico, l’aramaico, il greco, né teologiche” - non è neppure un mero esercizio di analisi filologica. Il suo interesse nasce soltanto dal bisogno di riconoscere in essa la presenza dei grandi temi dalla psicoanalisi e per evidenziare quel tessuto antropologico-psicologico che caratterizza anche il centro delle riflessioni di Freud e Lacan, quali il carattere originario dell’odio rispetto all’amore; la radice invidiosa del desiderio umano; il fallimento e la necessità della fratellanza; il rapporto dialettico tra Legge e desiderio.

Come accade anche nell’analisi di una delle pagine più significative dei Vangeli, “La notte del Getsemani”, che Recalcati legge, mosso da un particolare interesse professionale. E’ la notte dell'abbandono assoluto, della caduta, del tradimento, della prossimità irreversibile della morte e della preghiera. La notte del Getsemani è la notte dell'uomo. Qui, come negli altri approfondimenti a sfondo religioso, si apprezza in Recalcati l’agile parallelismo tra il linguaggio psicoanalitico e quello biblico. Come si apprezzano anche i riferimenti e le interpretazioni delle parabole, dei miracoli, dei dialoghi con i discepoli, soprattutto con Pietro e Giuda, della croce e della resurrezione, tutti rivisitati in modo originale, nei quali emerge un’analisi psicanalitica dei personaggi e delle vicende evangeliche che leggono l’uomo nella sua fragilità, nelle sue contraddizioni e che individuano in esse un magistero profondo, che va ben oltre l’ambito religioso, ma nei quali la psicanalisi non può non riconoscere la sua prima radice.

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