martedì, 19 novembre 2024
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Francesco nel cuore dell’Europa. Dal Lussemburgo l’appello su pace, natalità e migranti

Dal Lussemburgo, “Paese dalle porte aperte”, una delle tre sedi ufficiali dell’Unione europea, Papa Francesco parla ad un intero continente sfigurato dalla guerra e immemore della sua storia. Per raggiungere la pace e sanare questa “pericolosissima sclerosi” – l’appello alle autorità – servono “oneste trattative” e “onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace”, evitando “inutili stragi” che hanno costi umani altissimi, perché “la guerra è sempre una sconfitta”

Dal Lussemburgo, “Paese dalle porte aperte”, una delle tre sedi ufficiali dell’Unione europea, Papa Francesco parla ad un intero continente sfigurato dalla guerra e immemore della sua storia. Per raggiungere la pace e sanare questa “pericolosissima sclerosi” – l’appello alle autorità – servono “oneste trattative” e “onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace”, evitando “inutili stragi” che hanno costi umani altissimi, perché “la guerra è sempre una sconfitta”. “La tutela della dignità della persona, il servizio al bene comune, il dialogo e la collaborazione internazionale” rendono grande uno Stato, scrive Francesco sul Libro d’Onore.

“La ricchezza è una responsabilità”, l’accoglienza di chi bussa alla nostra porta è un dovere, così come l’essere custodi e non despoti del creato. “Il Lussemburgo, con la sua storia peculiare, con la sua altrettanto peculiare posizione geografica, con poco meno della metà degli abitanti provenienti da altre parti dell’Europa e del mondo, sia di aiuto e di esempio nell’indicare il cammino da intraprendere per accogliere e integrare migranti e rifugiati”, l’auspicio del Papa: “Voi siete un modello di questo”.

“Per favore, più bambini!”, l’invito ad un Paese che vanta uno dei Pil più alti del mondo. “Purtroppo – ha denunciato il Papa nel suo primo discorso in Lussemburgo – si deve constatare il riemergere, anche nel continente europeo, di fratture e di inimicizie che, invece di risolversi sulla base della reciproca buona volontà, delle trattative e del lavoro diplomatico, sfociano in aperte ostilità, con il loro seguito di distruzione e di morte. Sembra proprio che il cuore umano non sappia sempre custodire la memoria e che periodicamente si smarrisca e torni a percorrere le tragiche vie della guerra”, il grido d’allarme di Francesco, secondo il quale “per sanare questa pericolosissima sclerosi, che fa ammalare gravemente le nazioni e rischia di gettarle in avventure dai costi umani immensi, rinnovando inutili stragi, occorre alzare lo sguardo verso l’alto, occorre che il vivere quotidiano dei popoli e dei loro governanti sia animato da alti e profondi valori spirituali, che impediscano l’impazzimento della ragione e l’irresponsabile ritorno a compiere i medesimi errori dei tempi passati, aggravati per giunta dalla maggiore potenza tecnica di cui l’essere umano ora si avvale”. Un Paese che, “ammaestrato dalla sua storia – la storia è maestra della vita – a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, si è distinto nell’impegno per la costruzione di un’Europa unita e solidale, nella quale ogni Paese, piccolo o grande che fosse, avesse il suo proprio ruolo, lasciando finalmente alle spalle le divisioni, i contrasti e le guerre, causate da nazionalismi esasperati e da ideologie perniciose. Le ideologie sempre sono un nemico della democrazia”. Così il Papa ha definito il Lussemburgo, “al crocevia delle più rilevanti vicende storiche europee”.

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“La solida struttura democratica del vostro Paese, che ha a cuore la dignità della persona umana e la difesa delle sue libertà fondamentali, è la premessa indispensabile per un ruolo così significativo nel contesto continentale”, il tributo di Francesco: “Non è l’estensione del territorio o il numero degli abitanti la condizione indispensabile perché uno Stato svolga una parte importante sul piano internazionale, o perché possa diventare un centro nevralgico a livello economico e finanziario. Lo è invece la paziente costruzione di istituzioni e leggi sagge, le quali, disciplinando la vita dei cittadini secondo criteri di equità e nel rispetto dello stato di diritto, pongono al centro la persona e il bene comune, prevenendo e contrastando i pericoli di discriminazione e di esclusione”. Sulla scorta di Giovanni Paolo II, che ha visitato il Paese 40 anni fa, il Papa ha rinnovato l’appello “affinché si instaurino relazioni solidali tra i popoli, in modo che tutti possano diventare partecipi e protagonisti di un ordinato progetto di sviluppo integrale. La dottrina sociale della Chiesa indica le caratteristiche di tale progresso e le vie per raggiungerlo”.

“Lo sviluppo, per essere autentico e integrale, non deve saccheggiare e degradare la nostra casa comune e non deve lasciare ai margini popoli o gruppi sociali”, ha ribadito Bergoglio a partire da due principi cardini del magistero sociale della Chiesa: la cura del creato e la fraternità. “La ricchezza – non dimentichiamolo – è una responsabilità”, il monito: “Pertanto chiedo che sia sempre vigile l’attenzione a non trascurare le nazioni più svantaggiate, anzi, che esse siano aiutate a risollevarsi dalle loro condizioni di impoverimento. Questa è una via maestra per fare in modo che diminuisca il numero di quanti sono costretti a emigrare, spesso in condizioni disumane e pericolose”. Dalla cattedrale di Notre Dame, il Papa ha esortato anche la comunità cattolica a rimanere fedele alla secolare tradizione di accoglienza, “continuando a fare del vostro Paese una casa amica per chiunque bussi alla vostra porta chiedendo aiuto e ospitalità”. “Alla Chiesa fanno male i cristiani tristi”, “non perdere la capacità di perdono”, le ultime indicazioni di rotta pronunciate a braccio.

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