La morte ha la forza di farci riconsiderare le priorità della vita e, forse, di dare loro un po’ di ordine....
I “NOSTRI” ATLETI ALLE OLIMPIADI. Martina Favaretto, da Moniego a Parigi, sognando una medaglia
La scherma è per l’Italia la disciplina che, nella storia olimpica, ha portato il maggior numero di medaglie, ben 130 su 618, con 49 ori, 46 argenti e 35 bronzi. Proverà ad allungare la lista anche Martina Favaretto, 22enne di Moniego di Noale, che alla pedana si è avvicinata proprio guardando le Olimpiadi. Erano quelle di Pechino 2008 e fu il trevigiano Matteo Tagliariol a trionfare nella spada.
“Non avevo ancora 7 anni e quella vittoria mi ha acceso qualcosa dentro. Ho chiesto a mio fratello di accompagnarmi in palestra: volevo provare la scherma. Da lì non ho più smesso”. I primi passi Favaretto li ha mossi al Circolo Scherma di Castelfranco Veneto, seguita, allora come oggi dal mestrino Mauro Numa, doppio oro nel fioretto a Los Angeles 1984. Dopo vari successi nelle giovanili azzurre, ora è parte della Nazionale Assoluta, con cui ha vinto due Mondiali e un Europeo a squadre, salendo sul podio anche nelle gare individuali. “Nelle ultime settimane siamo state in ritiro a Roma, per mantenere alta la concentrazione e avere poche distrazioni. Abbiamo definito gli ultimi dettagli e rafforzato lo spirito di squadra. L’ansia inizia a farsi sentire, ma è normale. Sono emozionata perché sta per avverarsi uno dei miei sogni da bambina: partecipare alle Olimpiadi. Ho un obiettivo ambizioso, ma voglio godermi al massimo questa esperienza. Sono cosciente che ogni gara è una storia a sé”.
Favaretto studia Giurisprudenza all’Università di Padova e, da giovane donna di sport, conosce già il sapore e il valore di successi e sconfitte. “L’anno scorso, al Cairo, ho vinto la mia prima gara in Coppa del Mondo, dopo un periodo negativo, dal quale sono uscita grazie anche a chi mi è stato vicino, a cominciare dal mio maestro e dal mio psicologo dello sport. Tutti i risultati successivi sono figli di quella vittoria e della grande autostima che ho ricevuto. Nel 2018 al Mondiale Under20 c’è stata la sconfitta che mi ha insegnato di più. Avevo un grande vantaggio, ma la fretta e l’emozione mi hanno tolto lucidità e ho perso. Ora invece so cosa fare”.
Di questo l’azzurra ha fatto un motto (“non mollare di fronte alle difficoltà”) che si ripete quando le cose vanno male e sarebbe più facile cedere alla sconfitta. Parlando del suo maestro allenatore Mauro Numa, Favaretto ricorda la comune passione per il buon cibo. “Mi guida da quando ho 13 anni, è una persona preziosa, una presenza con la quale sono in grande sintonia. Riesce ad intuire i miei stati d’animo in un attimo e sa esattamente come prendermi, come gestirmi. Quando sono in ansia prima di una gara e gli chiedo cosa devo fare, lui mi risponde sempre «vincere», oppure «toccare per prima», riuscendo così a smorzare la tensione”.
A portare il tricolore nella cerimonia di inaugurazione di venerdì 26 sarà un’altra schermitrice, Arianna Errigo.
“E’ il giusto riconoscimento per la sua carriera e per il nostro sport, che non è tra quelli più seguiti. Credo che questa scelta sia davvero un bel segnale per il nostro microcosmo e per tutti i giovani atleti che stanno muovendo i primi passi in pedana”.
Veneta come Favaretto è anche Bebe Vio, stella della scherma paralimpica. “Lei è uno splendido e immenso esempio di come il “non mollare mai” sia davvero la strada giusta da seguire, sempre. E’ una grandissima campionessa, ma anche un vero esempio di vita. Credo che Bebe sia la dimostrazione che trovare la volontà di prendere in mano la propria vita, nonostante le difficoltà, sia qualcosa che ognuno di noi dovrebbe darsi la possibilità di fare per se stesso”.