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La sanità pubblica è malata?

Una ricerca del centro studi dello Spi Cgil di Treviso evidenzia un aumento progressivo delle prestazioni affidate dal pubblico al privato o a strutture private convenzionate. La replica dell’Ulss 2 in un’intervista al direttore, Francesco Benazzi
31/05/2024

La Cgil Treviso lo segnala da tempo: c’è un aumento progressivo delle prestazioni affidate dal pubblico al privato o a strutture private convenzionate, come ad esempio l’ospedale San Camillo, la casa di cura Giovanni XXIII e Park Villa Napoleon. Un trend confermato anche nell’anno 2022, così come emerge dall’analisi svolta da Anna Rita Contessotto, responsabile studi e ricerche dello Spi Cgil di Treviso, sui bilanci d’esercizio dell’azienda ospedaliera dal 2019 al 2022, rilevati nella relazione sulla gestione Aulss 2 2022-23 e sul Piao Aulss (Piano Integrato di attività e organizzazione) del 2023-24.

Criticità che possono diventare strutturali

Il quadro evidenzia quelle che per la Cgil Treviso sono vere e proprie criticità della sanità pubblica, che rischiano di diventare strutturali e che interessano soprattutto il personale nel sistema sanitario territoriale, i costi dell’assistenza ospedaliera, l’acquisto di prestazioni pubbliche e private e il sistema di erogazione delle prestazioni ambulatoriali. I conti in alcuni casi non tornano nemmeno parametrandoli sulla Delibera della Giunta regionale 614 del 2014, che però si basa su minutaggi minimi dell’assistenza, per cui – si sottolinea nel report – essere in linea con la Dgr non è di per sé un sintomo di buon funzionamento, e soprattutto si rivela del tutto inadeguato nei periodi di maggiore pressione; l’esempio è quello di una macchina che procede in seconda quando potrebbe viaggiare in quarta o in quinta. I dati più preoccupanti riguardano proprio questo punto: allo stato attuale, l’ospedale di Treviso presenta una mancanza di 57 posti letto, 20 infermieri e 6 oss rispetto a quanto prevedrebbe la Dgr.

Le prestazioni specialistiche ambulatoriali

Altro dato che emerge in modo particolare è il 29% degli acquisti da parte dell’Ulss 2 per le prestazioni specialistiche ambulatoriali, rivolgendosi alle strutture private, soprattutto all’ospedale San Camillo, alla casa di cura Giovanni XXIII e a Park Villa Napoleon, la cui spesa passa da 20,3 milioni (nel 2019) a 25,4 milioni (nel 2023). Un bel numero lo registrano anche i costi dell’assistenza ospedaliera da privato, che incidono per il 26% e registrano un aumento di spesa del 3% tra il 2019 e il 2023 (1,2 milioni di euro in termini assoluti). Da ciò deriva una sempre maggiore specializzazione del privato, soprattutto in alcune branche come endocrinologia (-3% dal 2019 al 2023 su 1.000 abitanti), oculistica (-7%), nefrologia (-9%), anestesia (-17%), medicina nucleare (-24%) e radioterapia (-30%).

Per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera, nel privato la radiologia diagnostica incide per il 58,2% e la medicina fisica e riabilitazione per il 19,3%, il cui reparto, infatti, è stato praticamente smantellato dall’ospedale di Treviso e redistribuito tra la Nostra Famiglia e Oras di Motta di Livenza.

Il personale

Altro tasto dolente riguarda il personale. L’analisi del centro studi Spi Cgil Treviso evidenzia una diminuzione del personale medico dipendente rispetto al periodo pandemico. Nel 2022, infatti, il comparto di ruolo sanitario scende a 5035 unità rispetto alle 5.072 del 2021, con una spesa aumentata del 14% dal 2019 al 2023; mentre i dirigenti sanitari aumentano dalle 123 unità del 2019 alle 174 del 2022 con un aumento di spesa del 27% tra 2019 e 2023. E’ evidente che il comparto di ruolo sanitario è in difficoltà e che la sua crescita è molto ridotta rispetto ai fabbisogni del territorio. Lo stesso si può dire per il personale in convenzione, per cui si passa da 1.020 unità del 2019 alle 920 del 2023 tra medici di medicina generale, pediatri in libera scelta, continuità assistenziale e Sumai (specialisti ambulatoriali). Nel 2023 si registra anche una maggiore riduzione dei costi per la continuità assistenziale, anch’essa sottodimensionata rispetto al fabbisogno del territorio.

Un’inversione politica nazionale

La risposta a queste difficoltà, chiariscono le organizzazioni sindacali, deve arrivare anche dalla politica nazionale. “C’è una carenza di investimenti evidente - sostiene Vigilio Biscaro, segretario generale Spi Treviso -. In Germania si spende in sanità il 10% del Pil, noi ne spendiamo solo il 6%, e consideriamo che ogni punto di Pil vale 15 miliardi”.

Aggiunge Marta Casarin, segretaria provinciale Cgil con delega al welfare: “La sanità deve tornare in cima all’ordine del giorno dell’agenda politica del Paese con l’obiettivo di potenziare il Sistema sanitario nazionale, che a caduta potrà implementare il fondo erogato alle Regioni. Dall’altro lato la nostra Regione ha una certa autonomia su dove investire questi soldi, e il tema non deve certo essere la chiusura del privato, ma il riportare la barra orientata verso il pubblico. Ad esempio, perché una percentuale così alta dei soldi dei cittadini va a pagare gettonisti e personale privato tramite l’esternalizzazione delle prestazioni, invece di essere usata per le assunzioni? Sappiamo bene che ci sono vincoli di bilancio sulla spesa del personale, ma allora anche in questo caso la politica dovrebbe intervenire con nuove norme che rompano una serie di schemi che attualmente impediscono le assunzioni negli ospedali”.

LA REPLICA DEL DIRETTORE DELL’ULSS 2 FRANCESCO BENAZZI

A quanto esposto dal sindacato, risponde il direttore generale dell’Ulss 2, Francesco Benazzi, che considera lo studio poco accurato e parziale, e le affermazioni che ne derivano non veritiere. “E’ dal 1999 che si lavora tramite il privato accreditato, non è di certo una novità”, spiega il dottor Benazzi, raggiunto telefonicamente a seguito della conferenza stampa della Cgil Treviso. “Non si può parlare di privatizzazione del sistema sanitario, perché si tratta di un privato collaborante al quale siamo noi a dire che cosa deve fare e come. Sono una gamba del sistema, che ci aiuta a rispondere alle richieste dei cittadini, considerando che al momento ci troviamo con 150 medici in meno”.

Quali sono i numeri delle richieste e quale parte di queste viene ottemperata dall’Azienda ospedaliera?

Bisogna considerare che ci arrivano 63.500 richieste di prestazioni a settimana e in tutto il territorio dell’Ulss 2 ne facciamo 9.071 in un solo giorno, escludendo quelle di laboratorio, per un totale di 3,4 milioni di prestazioni annue. Di queste, nel 2021 il pubblico ne ha fatte il 92% e il privato accreditato il restante 8%, nel 2023 invece erano il 94% del pubblico e il restante del privato accreditato. Anche sul piano dei ricoveri, passiamo dall’85% del pubblico nel 2021 all’86% del 2023.

Ritiene che l’esternalizzazione di alcune prestazioni al privato accreditato possa cominciare a diminuire con l’assunzione di nuovi professionisti?

Sì, indubbiamente. Intanto stiamo lavorando con i medici di famiglia e anche con i nostri specialisti, per trovare dei percorsi di massima appropriatezza per evitare di fare tanti esami inutili, che sono circa un 20-25% di quelli che facciamo, causati dal fatto, comprensibile, che le persone, dopo il Covid, sono diventate più caute, quindi richiedono esami per tranquillizzarsi sul proprio stato di salute. Ma soprattutto dalla fine del 2025 la situazione dovrebbe migliorare perché si specializzeranno moltissimi medici.

Professionisti che però sembrano non mancare nel privato e privato convenzionato al quale l’Azienda ospedaliera chiede le prestazioni che non riesce a evadere. Per quale motivo?

Noi abbiamo perso tanti medici soprattutto in periodo Covid, quando la pressione era molto alta: alcuni non hanno retto e sono andati in pensione. Questo nel privato non è successo, perché loro non sono stati investiti dal Covid, non l’hanno affrontato in prima linea, e io ringrazio sempre tutti i miei collaboratori per il grande lavoro svolto. Sono d’accordo con quanto dicono i sindacati: la sanità pubblica va aiutata e potenziata. Sicuramente va migliorata la programmazione, ma c’è anche un problema nazionale, ovvero il contratto collettivo nazionale dei medici e professionisti sanitari. Come la Cgil dovrebbe ben sapere, i tavoli erano stati aperti anni fa, eppure i contratti non sono cambiati: a livello retributivo siamo fanalino di coda in Europa insieme al Portogallo. Ma a quei tavoli c’erano seduti loro, non io.

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