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Il primo passo è ascoltare

L’ascolto è il sostegno per eccellenza ai figli, perché imparino a loro volta ad ascoltare se stessi, annunciando con i fatti che noi per loro ci siamo e che ci saremo sempre
13/06/2024

A tutte le età, sentirsi ascoltati significa sentirsi visti e considerati, spesso anche amati.

Il primo irrinunciabile passo per instaurare e mantenere aperta una relazione è ascoltare ciò che una persona dice e anche ciò che non dice di sé.

E, perché una persona parli, è necessario che percepisca che lei può, con noi, aprirsi e dire tutto ciò che pensa e prova senza il rischio di venir censurata con i vari “Ma non puoi, ma non devi”.

Stiamo ascoltando, non stiamo dicendo “Fai così, fai colà”.

Riuscire ad ascoltare i figli e comprenderne emozioni e motivazioni è fondamentale perché riescano ad aprirsi e fidarsi.

E, perché questa fiducia venga confermata, è necessario mantenere le promesse fatte.

Man mano che i figli crescono, poi, aumentano le sfide e i cambiamenti da affrontare.

L’ascolto è l’unica chiave che apre il mondo delle relazioni vere, per cui serve assolutamente crederci e non mollare davanti alle inevitabili fatiche e incertezze. Certamente, bisogna partire dall’ascolto non dalla predica o dal muso lungo (o da entrambi) per dirsi aperti al dialogo. Farsi trovare pronti rispetto all’adolescenza dei propri figli, ad esempio, significa considerare che stiamo accompagnando una persona che amiamo e che sta vivendo un cambiamento intenso. Si tratta di mettersi nei loro panni, per capirli fino in fondo e, poi, di toglierseli, alla svelta, per guidarli e sostenerli. Cari genitori, ci vorranno anche anni, per alcuni riconoscimenti, per altri (pochetti), basterà il loro immediato sorriso.

Intanto, osserviamoli con amorevole attenzione, perché non sempre (eufemismo) i figli raccontano quello che stanno vivendo.

Alcuni temono di essere sgridati, altri non vogliono deluderci o preoccuparci: noi adulti siamo già così tanto incasinati, ai loro occhi! Non dobbiamo mai dimenticare, quindi, di cogliere i segnali inviati attraverso la postura, lo sguardo, il tono della voce... e i silenzi sono importanti tanto quanto le parole, se non di più. Quindi, diamo presenza vera, cioè fisica: se siamo altrove, non ci siamo, punto. Se ci siamo fisicamente, ma una sola notifica ci distrae, è fatta, quell’attimo non è stato colto ed è andato perduto.

Se non ci siamo stati con gli occhi e col cuore, se non hanno percepito un reale interesse, finiranno per chiudersi di più, e per le cose a cui noi diamo più importanza.

Bisogna, allora, trovarne altri, di momenti, e resistere alla tentazione di rispondere con frasi in cui l’obiettivo è sentirci noi bravi, e subito. I figli, infatti, non hanno bisogno di frasi sbrigative e soluzioni immediate, perché non abbiamo tempo e quindi non tolleriamo l’attesa, interrompendoli o “tempestandoli” di domande.

L’ascolto è il sostegno per eccellenza ai figli, perché imparino a loro volta ad ascoltare se stessi, annunciando con i fatti che noi per loro ci siamo e che ci saremo sempre.

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