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Campo di servizio e di confronto in carcere

Cinque ragazze hanno aderito alla proposta delle Cooperatrici pastorali diocesane e della Pastorale giovanile

Un campo di servizio e di confronto con le persone detenute, per conoscere la realtà del carcere attraverso diverse attività dentro e fuori la casa circondariale di Treviso. Lo hanno organizzato le cooperatrici pastorali diocesane, in collaborazione con la Pastorale giovanile.

Questa volta il progetto, intitolato “Parole in libertà”, ha coinvolto cinque ragazze tra i 19 e i 30 anni, ma sarà replicato anche nei prossimi mesi.

Dal 18 al 21 luglio, a Santa Bona di Treviso le giovani hanno potuto vivere un’esperienza di fraternità, scambio e dialogo con le persone detenute e di incontro con operatori e volontari della casa circondariale.

La testimonianza di una persona detenuta

Tra i momenti più intensi del campo, c’è stata la cena del venerdì, durante la quale le partecipanti hanno incontrato una persona detenuta in regime di semilibertà, in regime di affidamento, cioè una persona che sta scontando il fine pena, che terminerà a novembre, in casa con la sua famiglia, potendo uscire per andare a lavorare.

Si è trattato di un confronto schietto e aperto, durante il quale questa persona ha raccontato l’esperienza della detenzione, le emozioni vissute nel momento dell’entrata in carcere, i problemi di adattamento a una realtà così diversa da quella della casa e della famiglia, le difficoltà di convivenza con tante altre persone diverse e nel sopportare la lontananza dei propri cari. “Il mondo mi è crollato addosso - ha raccontato -, era tutto sconosciuto per me, ma fortunatamente la mia famiglia mi ha sostenuto e non ha permesso che io cadessi nel baratro, l’idea che qualcuno mi aspettasse, fuori, è stata la mia ancora di salvataggio”.

Poi, è arrivata la possibilità di fare del volontariato, e successivamente di lavorare all’interno del carcere, e anche questo è stato un modo per ricucire il dentro con il fuori e non perdere la speranza”.

Oltre agli affetti familiari e al lavoro, anche la fede ha giocato un ruolo importante: “Di notte, in carcere, la mente non smette mai di tormentarti. E’ grazie alla fede e al percorso di catechesi che ho potuto seguire che ho trovato il coraggio di superare quello che stavo affrontando, che ho potuto dare un po’ di quiete ai miei pensieri”.

Come non è facile l’ingresso in carcere, anche uscire può essere complesso, il ritorno in famiglia, per l’affidamento, è stato accompagnato da tanti sentimenti contrastanti, ma soprattutto dalle difficoltà di reinserirsi in un nucleo familiare che nel frattempo aveva riscritto dinamiche, equilibri e ritmi di vita.

“Sono tornato a casa in punta di piedi, per un anno ho solo osservato quello che accadeva attorno a me, senza intromettermi, ho dovuto fare uno sforzo per cambiare modo di pensare e di vedere le cose, non è stato facile”.

In carcere, un diverso concetto del tempo

Il giorno successivo, le ragazze sono entrate in carcere per incontrare un piccolo gruppo di detenuti, con cui hanno dialogato, cercando di rispondere ad alcune domande sul presente e sul futuro, partendo dalle riflessioni contenute in dei testi dello scrittore Alessandro D’Avenia.

E subito è apparso chiaro il contrasto: la vita fuori corre veloce, frenetica, mentre dentro tutto si ferma: come si può pensare al futuro, quando si devono passare sedici anni in un carcere? “Per i primi dieci anni, a quello che ci sarebbe stato dopo non ci ho proprio pensato, sono stati dieci anni immobili, senza cambiamenti, solo ora, che di anni per uscire ne mancano cinque, riesco a pensare che esista un futuro, e che devo cominciare a mettere delle basi per quello che succederà quando sarò fuori”.

In questo limbo, è, però, emersa l’importanza della gentilezza, da praticare senza aspettarsi nulla in cambio, dedicando una parte del proprio tempo ai compagni di cella come se si fosse in una famiglia. La condivisione delle proprie vite ed esperienze è avvenuta in maniera molto naturale, senza che nessuno si sentisse giudicato, e, anzi, ognuno ha portato a casa qualcosa di positivo dall’esperienza.

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