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Autonomia: ecco perché diventa un campo di battaglia

Mettendosi alla guida del movimento anti-autonomista, il Pd punta a passare all’incasso elettorale, strappando consensi sia al centrodestra, sia al M5S, che ha fatto del meridione il suo feudo
01/08/2024

L’opposizione di centrosinistra sembra essersi scelta il campo di battaglia per risalire la china e presentarsi in modo competitivo alle prossime elezioni Politiche. E il campo di battaglia si chiama autonomia differenziata.

Il Partito democratico, dunque, si è posto alla guida delle forze politiche, ma anche della società civile, che si oppongono a quell’autonomia differenziata così tanto cercata e voluta dalle regioni del nord, e in particolare dal Veneto. Basti ricordare l’esito plebiscitario del referendum consultivo del 2017, al cui successo contribuirono non solo gli elettori della Lega e del centrodestra. Naturalmente, dal Pd si fa presente che non si tratta di un “no” alla richiesta di autonomia, che in tempi non sospetti era giunta anche dall’Emilia Romagna di Stefano Bonaccini, ma di un “no” a “questa” autonomia, alla cosiddetta legge Calderoli, accusata di “spaccare in due” il Paese.

Non mancano, però, elementi di propaganda. La segretaria del Pd, Elly Schlein, piuttosto, si è resa conto che l’autonomia non piace a gran parte del centro-sud del Paese. E non piace neppure a molti settori dell’attuale maggioranza di centrodestra. Da qui, la scelta di ricorrere, in modo fulmineo, alla raccolta di firme per dare vita a un referendum abrogativo (è da stabilire se sia ammissibile). In poche parole, per cancellare drasticamente la legge che ha appena visto la luce.

La “scommessa” di Schlein si basa su due dati di partenza: il primo è che, nonostante i pluridecennali tentativi, Veneto e Lombardia sono rimaste un “tabù” per il centrosinistra, a livello di elezioni Politiche e Regionali. Conviene, di conseguenza, “darle per perse”, anche a costo di causare qualche mal di pancia tra i dirigenti locali (mal di pancia che, per la verità, non sono finora emersi). Il secondo è che proprio nelle regioni del Centro e del Sud si è, spesso, registrata, la maggiore mobilità di consensi. A partire dal 1994 - parliamo, quindi, di un trentennio - difficilmente l’elettorato ha premiato la maggioranza di governo uscente, e questo continuo “pendolo” è risultato, spesso, decisivo. Mettendosi alla guida del movimento anti-autonomista, il Pd punta a passare all’incasso elettorale, strappando consensi sia al centrodestra, sia al M5S, che ha fatto del meridione il suo feudo, principalmente grazie al sostegno al reddito di cittadinanza.

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