La morte ha la forza di farci riconsiderare le priorità della vita e, forse, di dare loro un po’ di ordine....
13 martiri di San Donà, una memoria da custodire
A ottant’anni dalla loro morte, si sono tenute domenica 28 luglio, a San Donà di Piave, le commemorazioni in ricordo dei 13 martiri Attilio Basso, Stefano Bertazzolo, Francesco Biancotto, Ernesto D’Andrea, Giovanni Felisati, Angelo Gressani, Enzo Gusso, Gustavo Levorin, Violante Momesso, Venceslao Nardean, Amedeo Peruch, Giovanni Tamai e Giovanni Tronco.
I 13 martiri, appartenenti alla resistenza del Basso Piave, vennero arrestati nel corso del 1944, con l’accusa di aver organizzato un attentato (poi non realizzato) a un treno carico di munizioni destinate alle truppe nazifasciste, di passaggio a San Donà, sulla linea ferroviaria Venezia-Trieste, nel dicembre 1943. Durante i mesi di prigionia a Venezia, i 13, quasi tutti appena maggiorenni, nonostante le numerose vessazioni subite da parte della polizia fascista, scelsero di non collaborare.
Successivamente, a seguito dell’attentato partigiano contro Ca’ Giustinian, sede del comando provinciale della guardia nazionale repubblicana, avvenuto il 26 luglio, i fascisti decisero di uccidere i 13 per rappresaglia.
“La condanna a morte dei 13 martiri fu emblematica dello stato di debolezza in cui era giunto il regime fascista nell’estate del 1944: essa venne fatta in gran segreto all’alba, in modo che nessuno potesse assistervi e senza un regolare processo. Altrettanto segretamente, venne comunicata la notizia dell’esecuzione: molti familiari seppero della morte dei loro cari solamente giorni dopo, dalle pagine dei giornali” ricorda Fabio Niero, presidente dell’Anpi sandonatese “Silvio Trentin”.
La cerimonia a San Donà di Piave, celebratasi sulla tomba dei 13 nel cimitero comunale, ha visto la partecipazione oltre ai rappresentanti dell’Anpi, dell’Amministrazione comunale e delle associazioni combattentistiche, anche di alcuni dei famigliari dei tredici martiri, che hanno tracciato un ricordo toccante e vivo di questi giovani che sognavano un’Italia libera da una dittatura feroce e sanguinaria.
“Ho conosciuto la storia di questi uomini, ragazzi per la verità, e mi sono chiesta se e come potessi misurarmi con il loro coraggio e sacrificio, oggi, nel 2024, 80 anni dopo. Io non sono in guerra, ma combatto nel mio piccolo per difendere le libertà e i diritti fin troppo fragili per essere nel XXI secolo. Come ha fatto Francesco (Biancotto), non posso girarmi di fronte a chi perde la vita in mare e sulle spiagge della mia Italia, ma anzi sento di dover combattere per sforzarmi a praticare l’accoglienza e la tolleranza perché riconosco nell’altro mio fratello” afferma ad esempio Chiara Biancotto, giovane pronipote di Francesco Biancotto, in un ideale passaggio generazionale.
“E’ importante fare memoria per lasciare alle future generazioni un segno di speranza e di pace. Fare memoria ci consente di ricordare che tutte le vite hanno lo stesso valore e non esiste una vita che vale di più e una che vale di meno”, ha dichiarato Luana Momesso, nipote di Violante, richiamando anche l’attuale contesto palestinese.
“Abbiamo la responsabilità di far conoscere e soprattutto di far riflettere i giovani e le giovani su ciò che è stata la storia del nostro Paese - ha detto, infine, Carla Basso, nipote di Attilio -. Nani sulle spalle dei giganti. Pur con la nostra piccolezza, ma proprio perché poggiati su spalle forti, possiamo guardare più in là e credere che un futuro di libertà vada continuamente rifondato, in quello che papa Francesco ha definito un cambiamento d’epoca. Ciò che non cambia, però, è il cuore dell’uomo, che è irriducibile, fatto per trovare una strada in mezzo allo sconforto. Fatto per scoprire un giacimento di vita, di energia e di coraggio. Per insegnarci a non tenere la testa bassa, nemmeno quando è buio”.
Nel pomeriggio, la commemorazione si è spostata a Ca’ Giustinian a Venezia, dove è stata posata una corona di fiori davanti alla lapide che ricorda il sacrificio di questi giovani sandonatesi.