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Maser, la cresima mancata e i matrimoni rinviati

"Era tutto pronto per il sacramento della Confermazione - racconta il parroco don Carlo Velludo -. Dalla messa alla preparazione delle ragazze e dei ragazzi tutto era stato curato dai catechisti. Invece il giorno prima, il 7 marzo, abbiamo sospeso tutto". 

A Maser era tutto pronto per il sacramento della Confermazione - racconta il parroco don Carlo Velludo -. Dalla messa alla preparazione delle ragazze e dei ragazzi tutto era stato curato dai catechisti. Invece il giorno prima, il 7 marzo, abbiamo sospeso tutto. Ho mandato un video ai ragazzi con la collaborazione dei catechisti, l’ho intitolato «the day after», il giorno dopo la mancata cresima, un giorno che tutti aspettavano con ansia e fede”. Don Carlo li ha invitati a ripensare a cosa non è successo. Si è augurato che comunque un po’ di festa l’abbiano fatta, che qualche regalo sia arrivato e così adesso potranno concentrarsi sul desiderio di ricevere lo Spirito Santo e sulla voglia di confermarsi nel Signore. “Ho sperato che questo desiderio del sacramento sia l’unica cosa a contagiarli”.

D’altra parte nelle quattro parrocchie di Maser, Crespignaga, Madonna della Salute, Coste  si è fermato un po’ tutto, dai matrimoni ai battesimi. “Di funerali ne ho celebrati tre. Forse sono stati i momenti più dolorosi, salutare così i nostri cari, senza il conforto della messa in parrocchia è stato difficile, non è mancata tanto l’omelia, le belle parole per la persona cara, ma il sentire Dio vicino attraverso le persone della comunità. A Coste, mentre aspettavo il feretro per il funerale in cimitero, i Carabinieri mi hanno invitato riservare la cerimonia ai parenti stretti. Sapevo che era il loro dovere, ma è difficile vivere in questo modo, i sentimenti e gli affetti hanno bisogno di segni, abbracci, di strette di mano. I parenti mi raccontano il dolore di non potere stare accanto a chi muore, di tenergli la mano. L’ultima persona venuta a mancare in casa l’ho benedetta con la mascherina tenendomi a distanza dai parenti”.

I battesimi sono stati rinviati. “Potevamo fare una cerimonia privata, ma i genitori desideravano la presenza della comunità e allora vedremo quando poterli fare. Un giorno che nessuno vorrebbe rinviare è quello del matrimonio, atteso, sognato, desiderato: una fondamentale tappa della vita. Invece ho già rinviato quattro matrimoni. Così per la Prima confessione e la Prima comunione”.

Un altro video, don Carlo, lo ha preparato per i 150 bambini delle tre scuole dell’infanzia. “Non ho grandi conoscenze tecnologiche, ho preso il mio tablet e mi sono ripreso in qualche modo , poi ci hanno pensato le maestre a inviarlo ai bambini, del resto già fanno didattica online”.

Prosegue don Carlo: “Cosa gli ho detto? Di stare a casa, girerà per me il mio angelo custode, verrà a trovarli e mi sono augurato che loro chiederanno al loro angelo di venirmi a trovare”.

E conclude: “Stamattina sono andato in farmacia per le mie solite pastiglie e il farmacista e le persone che erano in coda con me mi hanno ringraziato per il video che ho fatto arrivare nelle case. Un video di speranza: andrà tutto bene, Dio padre ci vuole bene. Ho capito che queste piccole cose che faccio sono preziose, serve farsi vedere e far sentire la propria voce. Mi hanno chiesto di mandare le omelie. Certo abbiamo bisogno di relazioni «calde», ma vedo che oggi, in questa situazione drammatica, serve anche questo, un piccolo video, artigianale, poco professionale, del tuo parroco”.

Don Velludo si sente per telefono con la cooperatrice pastorale, Lucia Michielin. “Mi ha fatto piacere sentire che con una videoconferenza ha riunito gli animatori dei giovanissimi. La pastorale continua in modi nuovi”. “Custodisco la certezza che il Signore è con noi e quindi andrà tutto bene. Io credo che i nostri cuori cambieranno, ci siamo accorti come certi modi di impostare la vita, all’insegna “del prima io”, non pagano, serve la solidarietà. Non siamo in guerra, non ci sono nemici da combattere, abbiamo solo fratelli da sostenere: quando saremo fuori dal tunnel avremo una comunità più bella e più capace di dirsi ti voglio bene”. 

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