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STORIE DI SPERANZA. La speranza è un canto

In occasione della Giornata mondiale del malato, la storia di Elisabetta, che racconta la sua vita con la Sla, ma anche con tanti interessi e persone preziose al suo fianco, a cominciare dalla sua famiglia. Tra i ricordi più belli, il pellegrinaggio a Lourdes e la partecipazione all’apertura del Giubileo, ma anche le uscite con il coro di cui fa parte
06/02/2025

Quando Elisabetta ti racconta alcuni episodi della sua vita recente, con gli occhi azzurri scintillanti di commozione, ti rendi conto che non sta scherzando: è davvero sicura, nel profondo dell’animo, di essere una persona fortunata. Eppure, in tanti e tante (io compresa) potrebbero dissentire, soprattutto al primissimo incontro con lei: un’anima raggomitolata in un corpo che non risponde più di tanto ai comandi, neanche quelli basilari come il respiro e la deglutizione; un corpo adagiato su un letto, al riparo caldo di un piumone, di cui è solo la testa bionda a muoversi nel suo sfondo di rose disegnate sul cuscino, e un pochino, a tratti, anche le gambe. Basta poco tempo per accorgersi che quell’anima raggomitolata è raggiante e desiderosa di continuare a condurre il suo corpo nella quotidianità della vita, in ogni angolo riesca ad arrivare. Probabilmente lo è anche più della tua e della mia.

I disturbi e la diagnosi

A dividerci, fino all’inizio del 2020, erano semplicemente le tante piccole cose che rendono una persona diversa da un’altra: i nostri corpi erano ugualmente sani, le nostre vite frenetiche. Poi, è arrivato un fastidio al braccio, un giro di ospedali e di specialisti, anche fuori regione; è subentrata la fiacchezza, la fatica a respirare, il reflusso gastrico. Pian piano i muscoli hanno cominciato a cedere, le braccia si sono gradualmente immobilizzate, poi in parte anche le gambe; a giugno 2023, a poche settimane di distanza dal suo 49° compleanno, è finita in ospedale per insufficienza respiratoria. C’era voluto un po’ di tempo e di buchi nell’acqua per arrivare alla diagnosi, qualche mese prima, e per Elisabetta era stato come se il mondo le fosse caduto sulle spalle: sclerosi laterale amiotrofica, semplicemente detta Sla.

L’amore di Loris e le amiche speciali

Nella stanza pulita e ordinata si diffonde il profumo intenso del caffè, che berrò solo io; Loris, il marito di Elisabetta, si aggira attorno a noi con discrezione e un sorriso ricco di attenzioni, ma anche la voglia di lasciarci a chiacchierare come due vecchie amiche. Più tardi arriva anche Monica, una signora splendida il cui volto curato s’illumina nel salutare la sua amica “Betta”, come fosse davvero, nonostante tutto, un faro di speranza. Anzi, meglio ancora, una voce. Perché Elisabetta e Monica si conoscono da almeno trent’anni, fanno parte di un coro femminile che è praticamente una famiglia (le “Spice”, nome dal brioso aroma anni Novanta), e sono specializzate in canti liturgici. Da qui, l’idea di cominciare a usare a beneficio degli altri quella sua splendida voce, che, nonostante il respiratore, riesce a librarsi. Nel 2024 hanno realizzato due concerti di raccolta fondi per la Gap di Castelfranco, che si occupa di assistenza domiciliare, e a una platea stracolma ed emozionata, Elisabetta ha potuto raccontare la sua storia. “Ma non ho detto niente di straordinario”, precisa lei “solo la voglia di uscire, incontrare le persone, fare le cose normali con la mia normalità. Diamo per scontata la normalità, cerchiamo sempre qualcosa di straordinario, mentre anche solo respirare è straordinario. Dobbiamo dire grazie, sempre: la mia giornata è fatta di centinaia di grazie, a tutti”.

Due anni pieni

Ci sono ricordi eccezionali in questi ultimi due anni - eccezionali nel senso di belli. La proposta di matrimonio di Loris, a San Valentino del 2023, e poi la cerimonia di nozze a sorpresa il 19 luglio dello stesso anno, due giorni dopo il ritorno dall’ospedale, nel giardino di casa: i testimoni, l’assessore comunale, un mazzolino di fiori appoggiato sulle gambe quasi immobili, i cori delle Spice e il vino stappato, le fedi dorate (che adesso, noto, indossa entrambe Loris, una sulla mano destra e una a sinistra). “Forte, no?” dice Elisabetta nel raccontare i dettagli, con la voce scalpitante di emozione. Sì, “forte”, penso: mi sembra di vederlo. Altri episodi: l’incontro con il vescovo Tomasi, il pellegrinaggio a Lourdes, la conoscenza con le Discepole del Vangelo, i concerti, ovviamente, e il rinnovo delle promesse di matrimonio l’estate del 2024, dopo il concerto al teatro di Vedelago, immersa nell’atmosfera creata dalle torce dei telefoni delle centinaia di partecipanti, un’intera comunità stretta attorno a loro. E, poi, il 29 dicembre, la partecipazione all’apertura del Giubileo, con lei e Marco, un amico dell’Unitalsi, soli, in cattedrale, ad attendere l’arrivo della processione e del Vescovo con il crocifisso. Ma, soprattutto, i momenti condivisi con la nipotina di otto anni, l’andare a messa o a fare la spesa con Loris che spinge carrello e “carriola” (come chiama lei la carrozzina). Momenti quotidiani a cui fa di tutto per non rinunciare, perché “quello che riesco a fare voglio farlo, perché so che se lo perdo non lo recupero più”, anche se ogni “passeggiata”, spiega Loris, “è praticamente un trasloco”.

La preghiera e la speranza

Elisabetta si tiene impegnata, ma nelle sue giornate ci sono molti momenti di riflessione, e anche di preghiera.

“La mia vita è fatta di grandi difficoltà e fatiche: questo mese, per esempio, è stato tosto - mi racconta - però io sono serena, guardo a 360 gradi la mia situazione e mi dico che, se la mia storia è diventata un mezzo per arrivare a tante persone e ricordare loro i valori della vita, allora sono contenta. La speranza è una preghiera silenziosa che abbiamo tutti in fondo al cuore, rivolta al bene”. La sua, però, assomiglia più a un canto melodioso, in armonia con le voci delle persone care che la circondano. Se volete ascoltarlo, questo canto, il prossimo appuntamento è il 10 marzo al teatro Accademico di Castelfranco e i fondi saranno destinati a un progetto per i giovani.

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