La morte ha la forza di farci riconsiderare le priorità della vita e, forse, di dare loro un po’ di ordine....
Il racconto: da 47 anni suor Lucia Guidolin, di Fontane, è missionaria a Lima, Perù
“La nostra fondatrice, Maria Teresa Camera, ci esortava a essere «con tutti angeli di bontà e madri amorose»”. E’ quello che, da ben 47 anni, fa suor Lucia Guidolin, delle Figlie di Nostra Signora della Pietà. Originaria di Fontane, comunità con la quale mantiene un rapporto intenso, ha trascorso tutti questi anni, in Perù, a Lima, nell’enorme capitale del Paese.
“Approfittando” del recente periodo di riposo trascorso proprio a Fontane, abbiamo intervistato suor Lucia, assieme alla giovane consorella peruviana, suor Martha Jara. Entrambe (nella foto a destra) fanno parte della comunità che gestisce la casa accoglienza “La Piedad”, nel centro di Lima, nel vivace quartiere di Breña, non lontano dal bellissimo centro storico. “Quando questa casa fu fondata, si trattava di un quartiere povero. E, anche oggi, sono tantissimi i poveri che vivono nella città, anche nelle vie centrali, per esempio i tanti venditori ambulanti e lavoratori precari”. Un popolo diversificato, colpito in modo devastante durante la pandemia del Covid-19, dato che il Perù è il Paese che ha avuto il maggior numero di morti, nel mondo, in rapporto alla popolazione. A Lima, in particolare, tantissimi bambini sono rimasti orfani. “La nostra è anche la casa provinciale dell’istituto - spiega suor Lucia -. Molta gente povera viene a cercarci, arriva dalle strade del centro, e da tutte le periferie. Qui il povero non ha valore, e non ci sono, spesso, opportunità lavorative, se non attività occasionali e commerciali per le strade. Cerchiamo di aiutarli, e soprattutto di dare ai bisognosi una possibilità di vita migliore”.
Un’attenzione che viene rivolta, soprattutto, ai minori, anche se la congregazione non possiede a Lima strutture scolastiche. “Ma ogni persona ha diritto allo studio, all’educazione, al lavoro, a una casa. Qui, chi non studia, non vale niente. Con i bambini facciamo attività di catechesi e di accoglienza, e, poi, cerchiamo di aiutarli perché possano studiare, cerchiamo loro un «padrino» che li aiuti nello studio, paghiamo loro le rette scolastiche, in qualche caso fino all’università. Cerchiamo di investire sul lungo periodo, alcuni sono diventati avvocati, o ingegneri”. Un’attenzione particolare, poi, c’è per i bambini abbandonati e per le mamme sole.
Altre volte, suor Lucia, con le consorelle, si dirige verso il “cerro”, la periferia collinare della metropoli. Un paesaggio lunare, privo di vegetazione e pieno di piccole case e baracche. “A qualcuno risistemiamo la casetta, la dotiamo dei servizi essenziali. Abbiamo portato l’acqua in varie zone del cerro”.
Alle opere di carità si affianca la catechesi, in una città che partecipa in massa alla processione del “Signore dei miracoli”, “con il rischio - confida suor Lucia - che resti solo una tradizione, senza una fede viva e autentica”.
Quest’opera instancabile, che prosegue da quasi mezzo secolo, sarebbe impossibile senza l’aiuto della comunità di Fontane. “E’ la mia mano destra” dice sorridendo, ricordando, in particolare, l’aiuto che arriva puntualmente con quanto raccolto alla tradizionale “sagra del Capitel”.