La morte ha la forza di farci riconsiderare le priorità della vita e, forse, di dare loro un po’ di ordine....
“Un innamorato di Cristo” che ha vissuto le beatitudini: in cattedrale il funerale di don Edy Savietto
“Un innamorato di Cristo”. Così si era definito don Edy. E così ha iniziato la sua omelia il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, questa mattina, in Cattedrale a Treviso per le esequie di don Edy Savietto, prete “fidei donum” deceduto improvvisamente per un infarto a Pacaraima, in Brasile, il 20 dicembre. Un tratto che tutti hanno riconosciuto in don Edy sia nella diocesi di Treviso che in quella di Roraima (Brasile), dov’era arrivato da poco più di un anno per avviare una missione a Pacaraima (Brasile), zona di confine con il Venezuela, in stretta collaborazione con le diocesi di Vicenza e di Padova.
“Era difficile non rimanere colpiti, e anche affascinati, dal suo modo di fare, che era manifestazione del suo modo di essere. Era naturalmente capace di stare con le persone. Era questo un grande dono di don Edy, ricevuto dalla sua famiglia. Ma a partire dal suo incontro con Gesù, queste caratteristiche e doti ricevute in dono, sono diventate, a loro volta, dono gratuito e appassionato rivolto a tutti”, ha detto il Vescovo. Insieme a mons. Tomasi hanno concelebrato i vescovi di Padova, Claudio Cipolla, di Vicenza, Giuliano Brugnotto, di Piacenza, Adriano Cevolotto; mons. Alberto Bottari De Castello, già nunzio in Ungheria; mons. Lucio Nicoletto, vicario generale della diocesi di Roraima, che ha letto un messaggio del vescovo di Roraima, Evaristo Pascoal Spengler (che ha celebrato il funerale di don Edy a Boa Vista il 21 dicembre), e al termine della celebrazione ha espresso un ricordo di don Edy a nome di tutti i sacerdoti e i fedeli di Roraima che lo hanno conosciuto e hanno collaborato con lui; insieme a loro, don Lorenzo Dall’Olmo, prete originario della diocesi di Vicenza, in missione a Roraima da poco più di due anni e don Mattia Bezze, padovano, anch’egli sacerdote “fidei donum” a Roraima, che condivideva la missione con don Edy. Moltissimi i sacerdoti concelebranti da tutta la diocesi. Numerose le autorità presenti, dal ministro Carlo Nordio, ai sindaci di Treviso, Mario Conte, di San Biagio di Callalta, Valentina Pillon e di altri Comuni nei quali don Edy ha svolto il suo ministero.
“Con lui si aveva l’impressione che davvero la vita fosse vita intensa, piena. E si percepisce con chiarezza che tutto fosse un vivere per il Signore un ‘essere per il Signore’ – ha sottolineato il vescovo Michele tratteggiando la figura di don Edy -. Era così nelle sue attività quando era in parrocchia, era così nella sua pronta e generosa accoglienza della richiesta di andare in missione, era così in questi mesi a Pacaraima e nella quasi fanciullesca gratitudine per l’invio in missione, che non perdeva occasione di manifestarmi”.
“Da più parti, in questi giorni, mi è stata posta la domanda: Che cosa vuole dirci il Signore con questi eventi, con la morte a così breve distanza di tempo l’uno dall’altro, di preti nel pieno degli anni, dediti e impegnati come don Edy e don Davide, e prima don Raffaelle?”. La domanda è risuonata in Cattedrale e riportata dal vescovo Tomasi, che ha sottolineato: “Non ho la presunzione di rispondere, almeno da solo a questa domanda: la risposta la troveremo, credo, insieme, cercando l’essenziale della nostra fede e della nostra testimonianza di discepoli missionari. So però che il Signore ha già parlato nelle vicende di questi nostri fratelli sacerdoti, come in quelle di tanti altri, quando ha chiamato proprio loro a seguirlo da vicino, in una vita dedita a Dio, alla Chiesa e ai fratelli e alle sorelle, per annunciare a tutti il Vangelo e per vivere una vita secondo la Buona Novella di Cristo. Per il nostro presente – ha aggiunto il Vescovo -, dalla meditazione orante sulla vita e la morte di questi nostri fratelli, mi risulta più chiara ed evidente la realtà che noi umani siamo esseri meravigliosi e fragili, che siamo chiamati a vivere intensamente e a non sprecare la vita in cose inutili, e che il nostro primo compito è quello di prenderci cura gli uni degli altri, e di volerci bene”.
“Mi piace interpretare la vita di don Edy – ha concluso mons. Tomasi, riferendosi al Vangelo delle Beatitudini proclamato durante la celebrazione – come la continua tensione verso la povertà in spirito e verso l’amore per i poveri; verso la mitezza e la costruzione di solide relazioni di fiducia; verso la fame e sete della giustizia, e l’apertura di luoghi in cui se ne possa cogliere nei fatti la verità e la bellezza; verso la misericordia nei confronti di ogni persona e del creato intero; verso la purezza di cuore con cui guardare alla vita e alle persone. Mi piace leggere la sua vita come un percorso buono, che lascia traccia di sé con passi tenaci e quotidiani verso la pace, nell’impegno anche gravoso per la giustizia, e nell’accoglienza matura delle contraddizioni che sorgono dall’essere autentici discepoli di Cristo, testimoni della sua opera. Il Signore che ha chiamato don Edy a questa esperienza di fede, speranza e carità, gli doni il nome di «beato», e lo accolga nella gioia del Regno. E ci sostenga nel nostro cammino”.
Prima della benedizione finale anche il ricordo dei due fratelli di don Edy, Oscar e Cristian, che hanno invitato a sostenere i progetti a favore dei giovani e delle donne da lui avviati a Pacaraima, la parrocchia dove viveva e operava da meno di un anno.