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Hamas va oltre l’azione terroristica


L’intervista a Matteo Bressan, docente di studi strategici alla Lumsa
12/10/2023

Al quinto giorno di guerra non si ferma il lancio di razzi da Gaza dove nella notte Israele ha ripetutamente bombardato e colpito circa obiettivi di Hamas e delle altre fazioni nella Striscia. Le vittime per Israele sono oltre 1.200, 200 gli ostaggi, mentre i feriti superano i 2.000. E si prepara l’offensiva totale su Gaza, dove i morti sono 1.055 e un numero imprecisato di feriti. Erano circa 2.270 lunedì, prima di una serie continua di bombardamenti. A questi vanno aggiunti i miliziani armati delle fazioni, circa 400 uccisi dall'esercito in Israele, secondo i dati diffusi dal portavoce militare. Mercoledì le fonti del ministero palestinese parlavano di 5.184 persone rimaste ferite.

Della guerra in corso abbiamo parlato con Matteo Bressan, analista e componente del Comitato scientifico del Nato Defense College Foundation e docente di studi strategici alla Lumsa-Master school.



L’attacco di Hamas del 7 ottobre potrebbe essere l’11 Settembre israeliano?


Possiamo chiamarlo anche l'11 Settembre di Israele, ma ciò che balza agli occhi, in questo caso, è il salto di qualità che supera l’azione terroristica. Qui parliamo di attacchi coordinati su 20 località in territorio israeliano, con migliaia di razzi lanciati da Gaza che hanno provocato a oggi centinaia di vittime israeliane, tra civili e militari. Numeri da operazioni militari e non da attacchi terroristici.



Con questo attacco cade anche il mito della sicurezza di Israele. Da quanto sta emergendo sembra chiaro che ci siano state delle falle incomprensibili. Come si può spiegare?


A oggi non abbiamo commenti ufficiali da parte delle forze israeliane. E’ evidente che un confine così controllato in termini di videocamere, pattuglie e droni sia stato esposto a molteplici attacchi. In ogni caso andrei molto cauto nel dare valutazioni e prima di accertare eventuali responsabilità c’è da gestire l’emergenza. Ulteriori vittime tra i civili e i militari israeliani, associate a quelle che si sono già registrate, rappresenterebbero un danno enorme all’immagine della sicurezza dello Stato ebraico. L’uso di foto e video della gente sequestrata, dei carri armati in fiamme fa parte della comunicazione strategica volta a colpire e indebolire la volontà di combattere dell’avversario.

Vero che Israele si sta compattando, ma sono immagini destabilizzanti.
Chi o cosa potrebbe stare dietro questo salto di qualità di cui parlava prima? Hamas da solo avrebbe potuto compiere una simile azione di guerra?


Per tutta una serie di dinamiche storiche consolidate è lecito pensare a un coinvolgimento indiretto del cosiddetto autoproclamato “Asse della Resistenza”, composto da Iran e Hezbollah libanesi. Una partecipazione in termini di forniture e training. Non abbiamo prove che confermino questo coinvolgimento con certezza, ma abbiamo le dichiarazioni di pieno sostegno di Iran e Hezbollah ad Hamas e all’attacco di sabato.



“Casus belli” adesso sembra essere quello degli ostaggi, molti sono civili e soldati israeliani, ma ce ne sono anche di nazionalità straniera. Come pensa potrebbe gestire Israele questo aspetto del conflitto? A riguardo sappiamo che Israele ha chiesto la mediazione dell’Egitto. 


E’ prematuro, in questa fase, pensare a un negoziato che possa portare alla liberazione di questi ostaggi. Diverse le opzioni sul tavolo mentre i bombardamenti su Gaza si sono intensificati. Tuttavia quando uno strumento militare prospetta ai vertici politici possibili azioni, tra le questioni poste sul tavolo presumo ci sarà anche quella degli ostaggi. Ma come detto dalle autorità israeliane bisogna prima fermare gli attacchi sul terreno israeliano e impedire ad Hamas di continuare a lanciare razzi. E’ in questo contesto che si colloca “la partita” degli ostaggi, mai stati così tanti, che va giocata sul piano negoziale e diplomatico con i diversi interlocutori che si propongono come l’Egitto, la Turchia, i Paesi del Golfo.


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