martedì, 29 ottobre 2024
Meteo - Tutiempo.net

XV Domenica del Tempo ordinario: proclamare il Regno con creatività

Gesù manda i Dodici “a due a due”, nell’essenzialità, a compiere gesti concreti di liberazione dal male

L’insuccesso nella sua patria, “a casa sua” (Mc 6,4) non ferma Gesù. Il suo annuncio del Regno di Dio prosegue, “insegnando” nei villaggi dei dintorni. Non solo: inizia a “moltiplicare” l’annuncio inviando coloro che aveva chiamato “perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni”.

Per andare è necessario stare. Lo “stare” rende possibile il “mandare” e l’«andare»: senza una relazione continua e “familiare” con Gesù, si rischia di “andare” ma non di “essere mandati”. Si rischia cioè di andare a proprio nome, e non nel nome di Dio-salva. Si rischia di contare sulle proprie capacità, e non sul «potere» di liberare dal male, che è dono di Gesù. Si rischia di ridurre l’annuncio a propria misura, a misura di quel che si è capito e vissuto, invece di offrire la sovrabbondanza di un Evangelo che sempre supera chi lo proclama. L’annuncio del Regno di Dio, infatti, non è annuncio che si possa separare da colui grazie al quale questo Regno ci viene incontro: “Gesù, Cristo, Figlio di Dio”. Infatti, tale Regno man mano rivelerà un volto sempre più chiaro ed esigente, il volto di un Dio che sceglie di venirci incontro fin dentro le nostre croci e le nostre morti. E a partire dal capitolo 8, quello che era un complotto di “farisei ed erodiani” di cui i discepoli erano all’oscuro, diventa scelta di un cammino scandaloso di morte e risurrezione. Lo impareranno, i discepoli, solo “stando con lui”. E quando, alla fine, sotto la croce, lo abbandoneranno, sarà lui che ancora andrà a cercarli da crocifisso risorto... per inviarli di nuovo, stavolta “in tutto il mondo, a ogni creatura”, con promesse che richiamano quanto si ritrova nel brano di questa domenica.

Un annuncio affidato alla propria responsabilità. Ma per ora l’invio sa quasi di “primo apprendistato”, e anche il ritorno pieno di soddisfazione per il successo avrà bisogno di riprendere lo “stare con lui” in un riposo che è relazione sempre da ritrovare, dandogli il tempo e l’esclusività necessari. E’ interessante, tuttavia, notare che il “mandato” per sé lascia molto alla responsabilità e alla creatività degli inviati: viene dato loro un “potere” su ciò a cui allora era attribuito ogni tipo di male (gli “spiriti impuri”), ma non viene detto loro altro su ciò che devono fare. Si danno piuttosto indicazioni su quel che dovrà essere davvero importante: l’essenzialità di bastone e sandali, quasi a dire che ciò che è necessario è il cammino, l’andare. E, poi, il dipendere dall’accoglienza di chi incontreranno, per il proprio sostentamento e per il proprio rifugio, senza cercare altro. Fino alla preoccupazione di far comprendere le conseguenze di un rifiuto, anche solo con un ultimo forte gesto simbolico: sbattere la polvere dai sandali era una chiara presa di distanza da tutto ciò che riguardava chi rifiutava, un avvertimento del rischio di essere, a loro volta, rifiutati da Dio alla fine dei tempi.

Essi vanno, e ciò che fanno è ciò che hanno visto fare da Gesù: chiamano a conversione, scacciano demoni, guariscono malati, anche con un tocco originale: “Ungendoli con olio”, cosa che Gesù non ha mai fatto, ma che era pratica terapeutica diffusa a quel tempo (Lc 10,34; vedi anche Gc 5,14-15).

Anche noi, con responsabilità e creatività condivisa. Anche noi siamo stati chiamati, per “stare con lui” e per “andare ad annunciare” quella presenza di misericordia e di amore di Dio che è il suo Regno in questa storia e oltre. Annunciarla con parole che si fanno gesti concreti di liberazione dal male, guarigione di relazioni e di ferite interiori, costruzione di un bene che sa di salvezza da tutto ciò che fa morire la vita. Con la preoccupazione non di condannare, piuttosto di far cogliere la grandezza del dono che viene offerto, così prezioso per una vita degna di essere vissuta. Ma tutto questo non da soli: “A due a due”, ritrovando coraggio in un sostegno reciproco, rintracciando verità in un confronto esigente e sempre misericordioso, riscoprendo che nella diversità di ciascuno e ciascuna si genera creatività di gesti che risanano. Gesti affidati a menti, cuori, mani capaci di mettere a frutto il dono di vita ricevuto in maniera sempre nuova, adatta alle circostanze, alle persone, alle situazioni di bisogno e di vulnerabilità. In una compagnia reciproca, la quale rende presente sempre lui, colui che ci accompagna “agendo con noi”, dentro di noi, attorno a noi. Colui con il quale è decisivo continuare a “stare” per “andare a vivere” il Regno nel cammino quotidiano.

SEGUICI
EDITORIALI
archivio notizie
25/10/2024

La morte ha la forza di farci riconsiderare le priorità della vita e, forse, di dare loro un po’ di ordine....

06/08/2024

Non tutti potranno beneficiare di una vacanza al mare o ai monti o di un viaggio. Oltre a tanti anziani,...

04/07/2024

Un “manifesto programmatico”

Ricordo che due sposi mi dissero che a loro il nuovo vescovo è subito piaciuto...

TREVISO
il territorio